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A Venzone un omaggio musicale a Gilberto Pressacco

A 20 anni dalla scomparsa di Gilberto Pressacco, studioso fra i più autorevoli della storia, delle tradizioni e delle radici culturali e spirituali del Friuli e delle sue genti, l’Associazione culturale don Gilberto Pressacco, fondata per promuovere le sue ricerche e l’attualità dei suoi studi, organizza “Omaggio Musicale a Gilberto”, un concerto concepito sul filo rosso delle suggestioni più ‘indagate’ da Gilberto, in ambito musicale: come l’Antifona a doppio Coro e il tema della discesa agli inferi di Cristo. La produzione, realizzata con la partnership della Fondazione Friuli, vedrà in scena i cantori dell’Associazione per la musica rinascimentale Alessandro Orologio di Spilimbergo e l’Orchestra San Marco di Pordenone (nella foto in alto), diretti dall’organista Davide de Lucia. Il debutto è previsto domenica 26 novembre alle 20.30 nel Duomo di Venzone con ingresso libero. Info su www.pressacco.org.

Gilberto Pressacco

«Un concerto dedicato alla memoria di don Gilberto Pressacco non poteva esimersi dal presentare musiche legate alla sua attività di studioso, titoli che per temi e suggestioni storiche stimolarono le sue particolari prospettive di lettura – spiega Flavio Pressacco, presidente dell’Associazione che ha preso il testimone degli studi di Gilberto – Una degna celebrazione del ventennale ci ha così portato a produrre un concerto di profondo significato simbolico, in cui troveranno spazio innanzitutto l’oratorio latino Jonas di Giacomo Carissimi (1605-1674), concepito per solisti e doppio coro, e l’Antifona a doppio coro Cum Rex glorie Christus di Jacobus Gallus Carniolus (1550-1591), compositore di origine slovena del tardo Rinascimento, nonché alcuni mottetti a doppio coro di ambito veneziano. Nella ricerca di Gilberto il canto a due cori fu senz’altro centrale: riteneva, fra l’altro, che la collocazione liturgica del Cum Rex gloriae avesse uno stretto collegamento con il cristianesimo aquileiese e che l’uso di questa antifona al termine della grande notte del Sabato Santo fosse l’unico modo per alcune Chiese di ricordare uno dei dogmi più importanti e meno celebrati della dottrina cristiana, ovvero la discesa di Cristo agli inferi. Un tema invece cruciale nelle chiese orientali».

Il programma prevede dunque l’esecuzione di brani di Alessandro Orologio (Intrada II a 5), Girolamo Frescobaldi (Canzon I a doi soprani e basso), Giacomo Carissimi (Jonas (Jonae prophetae historia), Giovanni Paolo Cima (Sonata a canto, basso e continuo), Tarquinio Merula (La Chiacona a due canti e basso, Canzon a tre detta La Gallina e Canzon a tre detta La Strada), Jacobus Gallus (Cum rex gloriae a 8), per chiudere con Claudio Monteverdi (Dixit Dominus II a 8). L’Ensemble Orologio è composto da Yoko Sugai Soprano I, Anna Tarca Soprano II, Anna Mindotti Alto I, Lisa Friziero Alto II, Claudio Zinutti Tenore I, Peter Gus Tenore II, Pierluigi Manzoni Basso I, Enrico Basello Basso II. L’Orchestra Barocca San Marco schiera Paolo Faldi Flauto dolce I, Gianvittorio Trevisiol Flauto dolce II, Matteo Zanatto Violino I, Laura Scipioni Violino II, Carlo Zanardi Viola da gamba, Daniele Rosi Violone, Cristiano Dell’Oste Cembalo. La direzione del concerto è affidata all’organista Davide de Lucia.

L’Ensemble Orologio

I tre capolavori sacri in programma – l’oratorio Jonas di Carissimi, l’antifona Cum rex gloriae di Gallus e il salmo Dixit Dominus di Monteverdi – sono incorniciati da musiche strumentali del primo Seicento. Di Orologio si ascolterà una delle sue celebri Intrade, pagina brillante e forse ancora vicina al modello polifonico corale. Quale forma musicale prettamente devozionale, l’oratorio latino raggiunse con Carissimi le più alte vette espressive e drammatiche, e Jonas, composto intorno al 1650 per l’esclusiva Arciconfraternita del Santissimo Crocifisso di Roma, si distingue per una concisa drammaticità. Il dialogo si snoda tra voci soliste e un doppio coro, col sostegno di un essenziale apparato strumentale; espressività dei personaggi, descrizioni di fenomeni naturali, grande efficacia della “voce” collettiva rappresentata dal coro sono gli elementi musicali di maggiore rilievo. Assume qui significato, quale tema assai caro a Pressacco, la vicenda di Giona, che nella Chiesa aquileiese delle origini era simbolo prefigurativo di Cristo: inghiottito dal mostro marino e rigettato dopo tre giorni anticipa la resurrezione a del Figlio di Dio, la cui discesa agli inferi nei giorni della sua morte per liberare i giusti, il «popolo dei santi», dai vincoli infernali sottolinea il fondamento del messaggio cristiano esteso a tutti coloro che giacciono nelle tenebre.

Allo stesso ambito di contenuti teologici appartiene Cum rex gloriae di Gallus, una realizzazione polifonica a doppio coro su un antico testo (canto) di origine aquileiese: un’antifona pasquale di fatto estranea al repertorio liturgico romano, ma di ampia diffusione. La sua collocazione liturgica trovava spazio al termine della “grande notte”, cioè al mattino del giorno di Pasqua in connessione con il rito dell’Elevatio crucis, che, per don Gilberto Pressacco, costituiva un elemento conservato da alcune comunità ecclesiali per ricordare, appunto, la discesa di Cristo agli inferi. Jacobus Gallus, nato in Carniola, ma attivo in Austria, Boemia, Moravia e Slesia, attesta con questo suo mottetto la presenza dell’antico testo nella prassi liturgica delle terre imperiali ancora fin quasi alle soglie del XVII secolo. Suggestive osservazioni ci sono proposte ancora da Pressacco a margine: il tema di avvio del Cum rex di Gallus è modellato sull’intervallo di quarta ascendente analogamente alla versione melodica aquileiese; la “coralità” antifonale (a doppio coro), qui tradotta nella ben diversa scrittura polifonica, è tratto distintivo del canto della primitiva Chiesa di Aquileia.

Ancora la ricca disposizione a otto voci, ma con l’aggiunta di strumenti propria del più moderno stile concertato, distingue la brillante messa in musica del salmo Dixit Dominus di Monteverdi, opera della maturità veneziana inserita nella raccolta Selva morale e spirituale del 1641. Il dialogo fra le parti, la moltiplicazione degli enunciati “a rimbalzo” con effetto amplificatorio, la mobilità del fraseggio melodico e la variegata resa timbrica ne fanno uno degli esempi musicali più sontuosi e rappresentativi del primo Barocco.