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Tolmezzo, dal prof. D’Avolio una proposta per la valorizzazione dell’ex polveriera di Pissebus

Riceviamo e pubblichiamo l’intervento del prof. Pasquale D’Avolio relativo alla valorizzazione dell’ex polveriera di Pissebus a Tolmezzo.

Negli ultimi mesi si è assistito sulla stampa locale a un dibattito molto serrato sull’utilizzo del vecchio sedime ferroviario Carnia-Tolmezzo: chi propone un ripristino della linea a scopi turistici (Associazione “Vecchi binari”) e chi invece si batte per trasformare il tracciato in pista ciclabile (Sindaci e associazioni varie). Quasi nessuno si occupa della possibilità (direi necessità) di valorizzare l’area attigua della ex polveriera di Pissebus, un vero “polmone” agricolo-turistico, su cui da tempo tacciono istituzioni e associazioni ambientalistiche.
Si tratta in sostanza di circa 16 ettari immersi nel verde, situati nella località alla periferia di Tolmezzo, lungo la strada provinciale del Sasso Tagliato, in uno splendido paesaggio prealpino posto sulle falde del Monte Amariana e attualmente lasciati al degrado. Eppure il tema era stato oggetto di studi e proposte già da più di vent’anni fa, quando il sito di proprietà del ministero della Difesa, dopo essere stato bonificato a spese sempre della Difesa (200 milioni delle vecchie lire), fu dismesso e assegnato al Comune di Tolmezzo, su istanza dell’allora sindaco Tondo (1990/1995) e su interessamento del compianto generale Gransinigh.
Nel corso di quegli anni c’erano stati sopralluoghi, organizzati da Italia Nostra, che aveva chiamato esperti del calibro del professor Livio Poldini, ordinario di ecologia vegetale all’Università di Trieste, e dell’architetto Roberto Pirzio Biroli. Val la pena ripercorrere brevemente la storia a partire dal nuovo secolo quando la Regione incaricava l’Ersa di stilare un progetto per la riqualificazione dell’area Ex-Polveriera; il progetto era denominato “Porta di Carnia”. C’era la possibilità di attingere 3 miliardi di lire che erano residuati da progetti europei 5B. Si trattava di un progetto molto ambizioso, vista anche la dotazione finanziaria.
A titolo esemplificativo citerò le opere previste: un info-point, una sala esposizione-ristorazione-reception, un’area di sosta attrezzata per camper e roulotte, la fattoria didattica, un’area naturalistica, un parco con centro multimediale e una zona di ricettività “Villaggio Carnia”, a cui eventualmente si potrebbe aggiungere un terminal per i ciclisti (se si realizza la ciclabile) e/o il Museo della Ferrovia (che si realizzi o meno il ripristino della linea Carnia-Tolmezzo). Come già era avvenuto per i progetti degli anni ’90 del secolo scorso, anche questa ipotesi naufragò perché i fondi furono trasferiti a un altro progetto, sempre in Carnia. E così siamo ancora ad aspettare che qualcosa si muova, mentre la zona, come si diceva, è soggetta a degrado.
La “Porta della Carnia” (*) potrebbe rappresentare, come diceva anni fa il professor Weixelbaumer dell’Università di Vienna, una finestra sulle meraviglie naturali della Carnia, sulla sua offerta turistica, sull’immagine storica e culturale, nonché sulla valorizzazione di prodotti agricoli, flora e fauna locale. Qualcuno ha proposto un “Tiergarten” di cui esiste un esempio nella vicina Austria o in Puglia: una specie di parco con la presenza di animali liberi (vista la recinzione già presente). Con il supporto del Comune, della Comunità montana e della Regione, tramite fondi europei, si potrebbe ripartire coinvolgendo anche cooperative locali e associazioni di volontariato operanti nel sociale.
“L’agricoltura solidale” di cui esistono esempi in Italia e anche in Carnia può essere una risposta efficace per le problematiche legate alla salute mentale, alla disabilità oltre a costituire una opportunità di sviluppo per il territorio. Chi scrive ha contattato il Comune, la Comunità montana, Euroleader nonché lo stesso assessorato regionale all’Agricoltura e altre associazioni locali per tentare di ripartire magari con un progetto meno ambizioso e richiedere finanziamenti europei, ma purtroppo senza alcun esito.
Di ipotesi, come si è visto, ce ne sono tante: bisognerà scegliere quella più realistica e più utile al territorio. L’importante è evitare che la polveriera diventi un cumulo di detriti e l’incipiente boscaglia rovini l’insieme, con 22 immobili facilmente ripristinabili, con il sentiero panoramico, l’acquedotto, la doppia recinzione eccetera. Non si può permettere tutto questo.

(*) Mi risulta che Carnia Industrial Park (l’ex Cosint) ha bandito un concorso di idee per la “Valorizzazione estetica e funzionale dell’area e della rotatoria all’uscita del casello autostradale di Amaro” chiamandola “Porta della Carnia”. Si tratta di due realtà diverse, ma che potrebbero fondersi, vista anche la vicinanza tra le due aree.                                                                                                                                    

 

3 pensieri riguardo “Tolmezzo, dal prof. D’Avolio una proposta per la valorizzazione dell’ex polveriera di Pissebus

  • Senza i visionari forse non ci sarebbe evoluzione….Ma forse senza questi, l’evoluzione andrebbe avanti lo stesso.

  • Galdino leschiutta

    Statici e stitici non “coltivano” nulla!!!
    Progetti passati con idee faraoniche sono oggi di certo irrealizzabili, anche perche’ dall’Europa arrivano meno fondi (in passato a volte sperperati).Partire con una parte di progetto è comunque necessario, a meno che non si voglia buttar via tutto e lasciare che i rovi continuino ad espandersi gradualmente fino a pochi metri dalle abitazioni.
    Per ripulire l’area io utilizzerei anche extracomunitari, a vederli girare a vuoto tutto il giorno (parlo di Udine) mi si rivolta lo stomaco e mi chiedo quale dignità ne ricavino dal loro stato. Poi giri per i boschi della carnia, quasi tutti di proprietà comunale, e verifichi che da anni non si impianta un abete e crescono come detto solo rovi.
    Se rivivessero i nostri avi quante legnate che ci prenderemmo, ed in primis chi amministra la cosa pubblica.

  • Pasquale D'Avolio

    A dire il vero il Comune di Tolmezzo ha presentato alla fine di gennaio una richiesta di finanziamento “parziale” all’UTI e alla Regione; occorre anche un movimento dal basso, che spero venga da tante associazioni e singoli cittadini. Per completezza devo precisare che mi sono rivolto a Euroleader qualche anno fa quando c’era il vecchio Presidente e non al nuovo, Mizzaro.

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