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Passo Monte Croce, per Amirante non si può aprire una strada “bianca”

“Anas e Regione non possono autorizzare, e aprire, una strada di collegamento internazionale su fondo bianco con un semaforo e con un tempo di attesa di 40 minuti. Non possono autorizzare la realizzazione di strade ‘temporanee’ alternative il cui tracciato passa in punti sensibili, interessati dall’imponente movimento franoso, per motivi di sicurezza che sono imprescindibili. In questo momento, infatti, l’area è pericolosa: fortunatamente, il distacco di roccia non ha causato feriti, o peggio, perché si è verificato in un orario e in un periodo dell’anno nel quale la statale 52 bis registra un traffico quasi pari a zero”.

Lo ho precisato quest’oggi l’assessore alle Infrastrutture e Territorio del Friuli Venezia Giulia, Cristina Amirante, facendo seguito a un servizio pubblicato da un quotidiano locale, a firma di due geologi, ove questi ultimi, nelle loro argomentazioni, ritengono fattibile e sicura la realizzazione di una “strada provvisoria”, “di emergenza” che si snodi su un versante opposto al monte Pal Piccolo, utilizzando delle viabilità forestali.

“Per poter accedere a quel versante – entra nel dettaglio e spiega Amirante – bisogna passare attraverso il tratto di strada, da parte a parte, che è interessato dal movimento franoso: una zona instabile e molto pericolosa. È bene ricordare che il 2 dicembre scorso il distacco di roccia è stato estremamente importante; una sola roccia passata sulla strada aveva un volume di 70 metri cubi. È più che chiaro, pertanto, che non è possibile garantire l’attraversamento di quel tratto di statale in sicurezza”.

“Potremo dare il via libera al transito dopo che saranno eseguite le necessarie opere di messa in sicurezza che sono indispensabili e imprescindibili – spiega ancora l’esponente dell’Esecutivo -. Oggi conosciamo la dinamica della frana e procederemo in base al progetto che, come Regione, stiamo sviluppando insieme ad Anas, quindi demolendo tutto il fronte franoso per poi mettere in sicurezza il versante e mettere in opera reti paramassi nuove, di ultima generazione. Diversamente, lo ribadisco, il primo tratto, che porta al primo tornante, è inaccessibile perché non sicuro”.

Amirante evidenzia, infine, che il progetto di Anas e Regione consentirà la riapertura della statale entro la fine dell’anno 2024, come già comunicato in sede di conferenza stampa: “Per risolvere quanto prima questo problema stiamo lavorando con la massima attenzione e con tutta la costanza che richiede un intervento del genere. Sulle alternative progettuali lavoreremo, poi, in forma parallela: interrogando e ascoltando i territori e discutendo con la vicina Austria”.

AMIRANTE “Ringrazio i geologi per le loro importanti osservazioni, l’argomento è di vitale importanza sia per la nostra Regione, le nostre attività i nostri cittadini sia per gli amici austriaci. Osservazioni tecniche sono importanti a differenza di alcuni politici che sfruttano l’emergenza per avere visibilità in ottica di campagna per le prossime comunali.” Lo afferma il vicepresidente del Consiglio Regionale Stefano Mazzolini.
“Un punto che è stato omesso è che l’Anas, non può non mettere in sicurezza il versante franoso, che ricordiamo bene è di un chilometro per 300 m di altezza – prosegue -. La messa in sicurezza del versante è l’opera che richiede maggiori risorse nel progetto complessivo della riapertura della strada. Risulta quindi impossibile considerare l’avvio di altra viabilità se prima non si mette in sicurezza il versante, come si fa a mandare a lavorare le persone sotto un pericolo incombente? Una viabilità internazionale poi su strada di ghiaia con un semaforo di 40 min potrebbe essere un problema invece che una soluzione. In accordo con Anas, che ha la competenza della strada, questo mese inizieranno i lavori di messa in sicurezza del versante, successivamente il ripristino della viabilità esistente e poi Italia Austria Friuli Carinzia e si spera Europa, si possa valutare un progetto per una soluzione definitiva. Auspico, vista la gravità della situazione, che ci sia una convergenza di intenti senza speculazioni politiche e si arrivi ad una soluzione che possa rilanciare l’economia dei paesi di confine”, conclude Mazzolini.