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Paolo Fantoni: «C’è preoccupazione per la “sindrome tedesca”»

 Se anche la locomotiva d’Europa sbuffa e rallenta non è proprio il caso di essere tranquilli. È questo il segnale emerso all’assemblea della Federazione europea dei pannelli a base di legno (Epf), appena riunitasi a Gent in Belgio e a cui hanno partecipato 150 produttori, tra cui il friulano Paolo Fantoni, past president della stessa Federazione e attualmente membro del consiglio direttivo. 

L’analisi a consuntivo è risultata più che soddisfacente, visto che il settore nel 2021 ha visto un aumento della produzione complessiva continentale (Ue, Gran Bretagna e Paesi Efta) del 9,8% arrivando a un volume di 63,7 milioni di metri cubi. I livelli sono più alti anche di quelli del 2019 su cui l’incremento registrato è stato del 7,6 per cento. A preoccupare, però, sono appunto le nubi all’orizzonte che già interessano il Paese trainante dell’economia europea.

“L’assemblea ha coinciso con la chiusura del metanodotto Stream 1, motivato ufficialmente da ragioni tecniche ma che si teme duri per molto tempo – spiega Paolo Fantoni, presidente dell’omonimo gruppo industriale con sede a Osoppo -. Questo ha aumentato il clima di preoccupazione che si respira in Germania. Si pensa, infatti, che questa mossa sia la precondizione al razionamento di gas metano, da cui si ricava l’urea fondamentale per i collanti, e alla conseguente riduzione della capacità produttiva. Ma c’è anche un altro fattore che mette in crisi il settore dei pannelli, ovvero la concorrenza della filiera del legno da brucio che sta accaparrandosi stock di materiale sia vergine sia da riciclo, per la trasformazione soprattutto in pellet in previsione di un inverno che si prevede con scarse disponibilità di gas anche per il riscaldamento domestico”.

Ad aumentare quella che viene giudicata come una vera e propria psicosi che ha colto il settore in Germania, è anche il rallentamento dell’edilizia in quel Paese, che ha portato molte industrie dei pannelli a ridurre gli stock disponibili.

“Per ora la stessa situazione in Italia non c’è – continua Fantoni -. Da noi l’onda lunga degli investimenti in edilizia continua a trainare il settore e ci auguriamo che gli incentivi statali, ancorché rimodulati, vengano confermati anche nel 2023. Certo è che la sindrome tedesca potrebbe allargarsi a tutta l’Europa e per il secondo semestre di quest’anno la preoccupazione è alta”.