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Ovaro, il Museo della miniera di Cludinico intitolato a Rinaldo Cioni

La Giunta comunale di Ovaro ha approvato una delibera per l’intitolazione del Museo della miniera di Cludinico a Rinaldo Cioni.

“Abbiamo preso questa decisione per ricordare il ruolo e la funzione che la persona ha avuto per il territorio sia come direttore della miniera sia come presidente del Comitato di Liberazione Nazionale della Val di Gorto – spiega il sindaco Lino Not -. Cioni è una delle vittime della rappresaglia cosacca del 2 maggio 1945 di Ovaro”.

La cerimonia di intitolazione si terrà proprio il prossimo 2 maggio.

BIOGRAFIA DI RINALDO CIONI

Rinaldo Cioni, nato ad Empoli il 1° giugno 1911, si è laureato ingegnere al Politecnico di  Torino nel 1934 e, dopo il servizio di leva e la guerra di Etiopia, venne incaricato alla direzione delle miniere di Pola. Rimpatriato a Città di Castello venne, nel giugno 1940, mandato a dirigere miniere in Albania, Montenegro e Grecia, fino alla fine del 1942.  

Successivamente, la valenza professionale che aveva dimostrato ha spinto i suoi dirigenti ad incaricarlo del ruolo di direttore tecnico presso le miniere di Cludinico, al fine di sfruttare le sue conoscenze in un settore importante per la produzione bellica. Ad Ovaro la sua famiglia crebbe, con la nascita del secondo figlio. 

Dal 1° gennaio 1945 alla morte, avvenuta per mano dei cosacchi il 2 maggio 1945, risulta facente parte della divisione Osoppo btg. Carnia ed antecedentemente della Garibaldi, come aiuto alla resistenza ed operativo sul terreno. 

Con la sua eccellente attività di direttore della Miniera di Cludinico e presidente del Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) della Val di Gorto, ha contribuito, nel periodo della Seconda guerra mondiale ed in particolare durante la conquista da parte dei cosacchi dei territori della Carnia nell’estate del 1944, all’attività di supporto alla popolazione locale attraverso un fitto scambio di comunicazioni con gli enti e le autorità dell’epoca, informandoli sulle difficoltà che la Carnia stava vivendo. La sua opera si concretizzava in aiuti in viveri e vestiario per tutta la popolazione ma anche la difesa del posto di lavoro, per tanti motivo di sopravvivenza, era un pensiero sempre presente nella sua mente.
Le sue maestranze non rimasero inerti di fronte a questa sua dedizione e, dopo la sua morte, una bellissima lettera accompagnata da 182 firme, venne mandata alla famiglia per affermare il sincero dolore di tutti per una così grave perdita.