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Idroelettrico in Fvg, «la Regione ne rivendichi la competenza»

Dalla difesa dei torrenti di montagna minacciati dalle mini-centraline idroelettriche alla rinaturalizzazione del lago di Cavazzo, alla tutela del fiume Tagliamento. A dieci anni dal referendum per l’acqua come bene comune, il Gruppo Consiliare del Patto per l’Autonomia ha chiamato a raccolta ieri, sabato 12 giugno, sul lago di Cavazzo, cittadine e cittadini, associazioni ambientaliste e comitati territoriali impegnati nella difesa dei corsi d’acqua regionali per sollecitare «l’urgenza di una gestione pubblica e sostenibile dell’acqua» e per denunciare «il saccheggio dei corsi d’acqua a scopo idroelettrico, sovvenzionato da incentivi statali, che, conti economici alla mano, ha tutti i tratti di un affare speculativo a favore di soggetti privati con un pesantissimo impatto sul territorio, i cui costi ambientali sono tutti a carico delle comunità».

Al centinaio di persone intervenute, con striscioni e bandiere che ne raccontavano l’appassionato impegno a difesa della loro terra contro il dissennato sfruttamento delle risorse idriche e delle sue ricchezze naturali, i consiglieri regionali del Patto per l’Autonomia Giampaolo Bidoli e Massimo Moretuzzo hanno annunciato il deposito di una mozione con la quale chiederanno alla Giunta Fedriga di dare mandato alla Commissione paritetica affinché, con una norma di attuazione, venga attribuita alla Regione la competenza sulla pubblica utilità in merito agli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. «Sia la Regione a stabilire quali possiedono il requisito di pubblica utilità che, di fatto, porta con sé i finanziamenti pubblici», ha detto il capogruppo Moretuzzo. La mozione impegna inoltre l’esecutivo regionale a definire le aree non idonee alla costruzione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili. «Il Friuli-Venezia Giulia segua l’esempio virtuoso della Provincia autonoma di Bolzano, che, con una legge provinciale, regola il riconoscimento della pubblica utilità in maniera differenziata sulla base della potenza e delle caratteristiche degli impianti, negandola alle piccole derivazioni sotto i 220 kW, dando prova di declinare la disciplina di questa materia sulla base delle diverse necessità e delle peculiarità», ha evidenziato Moretuzzo, ricordando il pressoché nullo contributo del mini-idroelettrico alla produzione energetica italiana visto che «appena il 6% dell’elettricità generata da impianti idroelettrici è stata prodotta da impianti di piccola dimensione, inferiore a 1 Megawatt».

«Il referendum del 2011 è stata una straordinaria prova di partecipazione democratica, di responsabilità ambientale e di solidarietà, la chiara espressione della volontà della società civile di tenere la gestione dell’acqua fuori dalle logiche del mercato. Il risultato referendario, però, è stato prima disconosciuto, poi disatteso e infine contrastato attraverso il rilancio e lo stimolo dei processi di privatizzazione», ha osservato Moretuzzo, sottolineando che «anche nella nostra regione ci sono multiutility quotate in borsa che gestiscono il servizio idrico integrato, come accade a Trieste con Hera dove si registra l’allontanamento del potere decisionale, anche per effetto delle decisioni del Comune che negli anni ha venduto circa 18 milioni di azioni, portando la sua partecipazione nella multiutility da quasi il 5% al 3,7%. Oggi più che mai è importante ricordare che l’acqua è un bene comune che va difeso, sempre. Va, dunque, rilanciata la battaglia di 10 anni fa. Lo abbiamo ribadito dal lago di Cavazzo: un caso paradigmatico di come sia necessario ripensare e correggere scelte strategiche e produttive del secondo dopoguerra e che hanno avuto un impatto importante sui territori e sul loro sviluppo. Rinaturalizzare il lago oggi significa non solo lavorare sul tema della qualità e della tutela dell’ambiente, ma anche immaginare, tra gli altri, un nuovo modello di sviluppo turistico, sostenibile e di qualità».

E sempre sul lago di Cavazzo, ormai quasi tre anni fa, ha ricordato il consigliere Giampaolo Bidoli, «il Gruppo Consiliare del Patto per l’Autonomia promosse una manifestazione, molto partecipata, per dire basta alla speculazione sull’acqua, nel corso della quale avevamo proposto la costituzione della Società idroelettrica regionale, un appello al quale è stato dato ascolto e che ha condotto alla legge attraverso la quale la Regione si è impegnata a costituire la Società elettrica regionale per gestire le grandi derivazioni, che auspichiamo diventi al più presto realtà».

Unanime, nei numerosi interventi, la difesa del bene acqua – un diritto, non una merce, è stato ricordato – e la necessità di una gestione sostenibile di acqua ed energia, fondamentale per il futuro del Friuli-Venezia Giulia. Hanno portato il loro contributo i rappresentanti di Cevi-Centro di volontariato internazionale, Comitato “Salviamo il Fella”, Alleanza regionale delle proprietà collettive in Friuli-Venezia Giulia, Movimento tutela Arzino, Comitato Arca-Assieme resistiamo contro l’autostrada, Legambiente Friuli-Venezia Giulia, Patto per l’Autonomia di Trieste e Stop TTIP. A chiusura dell’incontro, Franceschino Barazzutti, del Comitato per la tutela delle acque del bacino montano del Tagliamento, ha sollecitato un intervento forte di amministratori e società civile a tutela dell’acqua, bene pubblico, che va sottratto al controllo di società esterne alla Regione Friuli-Venezia Giulia. «Dal referendum di dieci anni fa le cose sono peggiorate: sull’acqua si fanno guadagni. Contro il processo di finanziarizzazione di questa risorsa primaria, serve una gestione autonoma dei beni comuni, a beneficio delle comunità e dei territori nei quali quei beni si trovano». Sul filo del ragionamento, Barazzutti ha insistito sull’«urgenza del percorso di rinaturalizzazione del lago di Cavazzo, danneggiato pesantemente dall’impatto della centrale di Somplago, una situazione ormai cronica che l’avvio del “Laboratorio Lago dei Tre Comuni” non ha risolto».