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Al Sociale di Gemona il documentario “Porzûs: due volti della resistenza”

Sabato 23 aprile alle ore 18 al Cinema Sociale di Gemona la Cineteca del Friuli presenta la versione completa di Porzûs: due volti della resistenza del cineasta veneto Enrico Mengotti, che nel 1983 raccolse una decina di interviste a testimoni e storici dell’eccidio del febbraio 1945, una delle pagine più amare della resistenza italiana, friulana in particolare. A presentare e commentare in sala la visione sarà, insieme a Enrico Mengotti, il prof. Gianfranco Ellero, appassionato conoscitore della storia regionale, di cui sarà distribuita anche la brochure A Porzus manca un nome, scritta per l’occasione. Ingresso libero, nel rispetto delle norme anti-Covid.

Realizzato con pochi mezzi, il documentario riprende il titolo dell’omonimo libro del 1975 di Marco Cesselli, che è anche il primo degli storici interpellati. Seguono le interviste a Don Redento Bello, cappellano militare della Osoppo e poi del comando unico Osoppo-Garibaldi; al partigiano osovano Giulio Emerati; a Massimo, l’uomo che trovò i corpi dei primi tre uccisi alle malghe di Porzûs, il comandante Francesco De Gregori (nome di battaglia Bolla; omonimo e zio del cantautore), Gastone Valente (Enea) e Elda Turchetti (Livia); a Italia Binutti, conoscente di Bolla e che ricordava la Turchetti; ai partigiani della Garibaldi Giovanni Padoan (Vanni) e Mario Lizzero (Andrea), quest’ultimo commissario politico e, nel dopoguerra, eletto deputato nelle file del PCI; al partigiano della Osoppo Libero Fattori e al presidente dell’Associazione Partigiani Osoppo-Friuli Giorgio Zardi; al giornalista Sergio Gervasutti, storico direttore del Gazzettino e del Messaggero Veneto (oltre che del Giornale di Vicenza) e autore del libro La stagione della Osoppo.

Mengotti pone le stesse domande a ognuno degli intervistati: l’autore materiale del massacro, Mario Toffanin (Giacca) dei GAP (Gruppi di Azione Patriottica), stava eseguendo un ordine partito dai dirigenti del PCI, com’egli afferma in una dichiarazione autografa rilasciata a Cesselli nel 1970, o fu la sua personalità rude e violenta a determinare la tragica successione degli eventi? Qual era in quel momento il rapporto fra la Garibaldi e la Osoppo, le due formazioni partigiane divise sia a livello ideologico che operativo? Soprattutto, chi era davvero Elda Turchetti, unica donna fra le vittime alla cui memoria Mengotti dedica il documentario, e perché il suo nome non compare nella lapide commemorativa alle malghe di Porzûs? Domande a cui ognuno dà una risposta e una versione, continuando ad alimentare il dibattito pur nella condanna unanime del tremendo fatto di sangue che lacerò la resistenza friulana e che contò fra i caduti anche il diciannovenne Guidalberto Pasolini (Ermes), l’amato fratello minore di Pier Paolo.