CARNIA: Caso mucche-Ibr, Coldiretti aveva già denunciato il problema

“Con tutta probabilità gli animali si sono ammalati di Ibr nella stalla di sosta in Italia, ma sono partiti sani dalla Germania. Il problema dell’Ibr è presenta da anni in tutta l’area montana e da anni Coldiretti lo denuncia invitando la Regione a prendere provvedimenti. In assenza di norme e risorse adeguate, l’Azienda sanitaria fa tutto quello che è nella sue possibilità, ma non riesce di certo a debellare una malattia che, pur non rappresentando alcun problema per la salute delle persone, rappresenta un gravissimo danno per gli allevatori colpiti e per la zootecnica in generale che subisce un ulteriore gravissimo colpo”.

Lo afferma il presidente della Coldiretti della Carnia Gian Pietro Tomat che spiega che la presenza dell’Ibr è cosa nota da anni. Al punto che in molteplici incontri sindacali con le autorità politiche locali e regionali gli attuali vertici dell’area montana di Coldiretti, lo stesso Gian Pietro Tomat per la Carnia e Marisa Piuzzi per la Val Canale e Canal del Ferro (ed i loro predecessori, Renato Gonano per la Carnia e Dino Baron per Val Canale e Canal del Ferro) hanno evidenziato il problema. Ma ad oggi, nonostante la buona volontà dell’Ass, la Regione non ha assunto alcun provvedimento per debellare il morbo.

“La questione – precisa il segretario di Coldiretti dell’area montana Michele Mizzaro – è nota da tempo e mi auguro che ora, che la questione è di dominio pubblico, la Regione trovi il tempo per assumersi le proprie responsabilità ed intervenire. E’ un vero peccato che in Italia gli interventi si facciano – se si faranno – solo a babbo morto, quando il danno è ormai compiuto”.

Per gli allevatori dell’area montana l’Ibr si traduce in un altro colpo durissimo che va ad aggiungersi ai mille problemi irrisolti da sempre come quello delle quote latte, come quello del frazionamento della proprietà fondiaria, come la mancanza di sostegni sostanziali per chi opera in aree marginali.
L’Ibr, ossia la rinotracheite infettiva bovina, è un virus che non permette l’ingravidamento delle mucche con conseguenza diretta sul calo della produzione del latte. Già da alcuni anni il servizio veterinario dell’Ass 3 dell’Alto Friuli provvedeva alla vaccinazione, ma solo degli animali infetti e solo se i proprietari intendo portarle all’alpeggio.

Un provvedimento insufficiente e non certamente risolutivo. “La Regione dovrebbe intervenire sostenendo la cessione delle vacche infette e l’acquisto di vacche sane (non vaccinate) così come hanno fatto in Trentino Alto Adige”, conclude Tomat che, infine, sollecita gli allevatori ad acquistare le vacche all’asta di Tolmezzo e di diffidare di commercianti improvvisati.