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Virale l’appello per cercare una bambina incontrata la sera del 6 maggio 1976

In occasione dei 43 anni dall’anniversario del terremoto del Friuli, Barbara Beltrame, 47enne volontaria della Crosse Rossa Italiana ora residente a Basagliapenta, ha pubblicato su Facebook un post che in poche ore ha avuto moltissime condivisioni. L’obiettivo è ritrovare una bambina incontrata all’Ospedale di Udine la sera del 6 maggio 1976, disperata per aver perso tutto, alla quale donò un succo.
Proponiamo il post.

Abitavo a Vercelli, ma venni in vacanza dai nonni in Friuli (tra Santa Maria di Sclaunicco, dove c’erano i nonni paterni e Orgnano, dove c’erano i nonni materni). Il 6 maggio 1976 avevo 4 anni ed ero ricoverata in pediatria a Udine. Quella sera scrissero il mio nome con un pennarello sul polso e mi portarono (assieme a tutti gli altri bambini) nei sotterranei. Chiesi a chi spingeva il mio letto: “Dove ci portate? E perché?” Mi rispose (credo fosse stata un’infermiera) con un sorriso: “Vi portiamo nei sotterranei perché domani mattina vengono a dipingere l’ospedale”. Insistetti: “Perché a quest’ora?” Mi rispose: “Ci hanno telefonato ora che vengono domani mattina”. Ci misero tutti assieme, maschi e femmine, in un grande stanzone; c’era poco spazio tra un letto e l’altro. Mi sembrava tutto molto strano, ad iniziare dalle facce serie del personale, ma a me quella spiegazione bastò e mi addormentai….
Il mattino del 7 maggio, al mio risveglio, trovai dei bimbi che la sera prima non c’erano, una cosa li caratterizzava; avevano tutti dei lividi.
Una bimba di 6 anni mi colpì in particolare. Aveva il viso blu di lividi, gli occhi gonfi e tumefatti ed una infinità di graffi ovunque; saltava da un letto all’altro in preda al panico ed alla paura gridando: “Voglio andare a cjasa!” Aveva perso tutti sotto le macerie…
Vennero mia madre e mia nonna a prendermi (mi dimisero perché avevano bisogno di letti).
Avevo 4 anni, non capivo tutto quel trambusto, ma quella bimba mi faceva pena, così tanta pena che decisi di regalarle la mia bottiglia di succo di frutta ed il sacchetto di palloncini gonfiabili che mi avevano appena portato; lei mi guardò, abbozzò un sorriso, strinse il sacchetto al petto, smise di saltare, si stese nel letto e si addormentò…
Io andai a casa, non seppi più nulla di quella bambina, non la vidi più, non so nemmeno come si chiama; ma mi è rimasta nel cuore. Lei è il mio primo ricordo del terremoto.
A casa mi spiegarono cos’era successo. In quel momento non capii, ma la paura si era impossessata di me senza che me ne rendessi conto. Ancora oggi fatico a stare in una stanza se non c’è un lampadario (se sento movimenti o rumori strani devo poter guardare se oscilla)…
E, ancora oggi, dopo 43 anni, alla parola terremoto io penso a quella bambina e mi chiedo come sta, che vita ha vissuto e se si ricorda di me, del mio succo di frutta e dei miei palloncini… Ed in cuore mio spero che la vita le abbia sorriso, che di lacrime ne ha già versate troppe e le auguro tutto il bene del mondo!