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Si discute di montagna in montagna con la Dolomiti Mountain School

Un nuovo rapporto tra uomo e natura: anche alla luce dei recenti eventi di cronaca in Trentino, che continuano a occupare le prime pagine dei giornali, ristabilire il complesso equilibrio tra umanità e ambiente in montagna è una missione delicata. Ma è anche l’obiettivo ambizioso a cui si dedicherà l’edizione 2023 della Dolomiti Mountain School, che attraverso quattro appuntamenti sul territorio indagherà diversi fenomeni che hanno a che fare da vicino con le terre alte: cambiamenti climatici, gestione del paesaggio, nuove regole di comportamento da adottare in montagna, approfondimenti sul passato delle Dolomiti e sul loro futuro.

“Siamo contenti e soddisfatti di quest’attività, promossa dalla Fondazione Dolomiti UNESCO insieme alla Regione Friuli Venezia Giulia e alla Comunità di Montagna della Carnia” ha commentato la direttrice della Fondazione, Mara Nemela. “Si tratta di un’iniziativa di grandissima importanza. Dobbiamo ricordarci che la gestione del bene Unesco in primis è in mano alle comunità locali che lo abitano: è fondamentale riuscire a portare sul territorio la discussione di certi temi cardine, proprio come fa la Dolomiti Mountain School. Attribuiamo grande valore alla nascita di un dialogo con chi è a diretto contatto con la montagna e le sue problematiche”.

Entusiasta del progetto anche il magnifico rettore dell’Università di Udine, Roberto Pinton. “È una forma di cooperazione win-win: traiamo energia e spunti l’uno dall’altro” ha spiegato. “L’università è impegnata in iniziative che riguardano la montagna con molti ricercatori e il coinvolgimento di territorio e studenti. D’altro canto, però, ci cibiamo anche di proposte provenienti dall’esterno come la Dolomiti Mountain School, a cui partecipiamo volentieri portando il nostro contributo scientifico”.

Il programma 2023 è stato svelato dal coordinatore delle attività per le Dolomiti UNESCO della Regione FVG, Pierpaolo Zanchetta, e dal coordinatore della Dolomiti Mountain School, il giornalista e studioso Gianpaolo Carbonetto: si parte venerdì 26 maggio a Tolmezzo. “Al contrario di quel che si può pensare, i nostri monti sono luoghi ampiamente frequentati fin dalla Preistoria: il primo appuntamento della Mountain School sarà dedicato all’archeologia in montagna” ha spiegato Carbonetto.

“Il secondo appuntamento riguarderà il cambiamento nel quale siamo coinvolti, e che colpisce in particolare la flora: il verde della nostra montagna sta mutando” ha proseguito Carbonetto. “Nuove piante, che una volta non potevano prosperare a causa del freddo, ora riescono a sopravvivere, mentre altre stanno scomparendo”. Di questo e molto altro di discuterà venerdì 16 giugno a Socchieve.

Dopo la pausa estiva, la Scuola tornerà con due giorni a Forni di Sopragiovedì 21 e venerdì 22 settembre: si indagheranno i modi in cui il cambiamento climatico agisce sull’assetto idrogeologico. “Parleremo del numero di fonti da cui non sgorga più acqua, sia a causa delle precipitazioni che per il cambiamento del suolo, con enormi conseguenze per la fauna e per la montagna intera. Cercheremo anche di approfondire le decisioni che l’uomo può prendere in virtù di questi cambiamenti” ha sottolineato Carbonetto.

L’ultimo appuntamento, in programma per venerdì 10 novembre a Pontebba, sarà dedicato invece ai frequentatori della montagna: il tema sarà infatti la necessità di imporre nuove regole per recarcisi in sicurezza. “Il moltiplicarsi dei modi di andare in montagna porta alla nascita di nuovi problemi: pensiamo, ad esempio, ad un escursionista che sale a piedi lo stesso sentiero dal quale un biker sta scendendo a tutta velocità con la sua bici da corsa”.

L’evento inaugurale di ieri a Udine è stato arricchito da una lectio magistralis di Marco Aime, docente di antropologia culturale all’Università di Genova. “Mentre nella cultura occidentale la natura è sempre stata pensata come qualcosa di esterno rispetto a noi, in altre culture l’uomo è parte dell’ambiente” ha spiegato Aime. “Dobbiamo imparare, o almeno ispirarci a certi modi diversi dal nostro di pensare la natura, con un confine meno marcato tra umani e ambiente. Ci può essere utile per ripensare alla concezione, sviluppata sopratutto in era moderna, dell’ambiente come bacino di risorse e materie prime da sfruttare”.