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La storia di fornaci e fornaciai di Buja in mostra nelle vetrine di Avilla

Ad Avilla di Buja l’Associazion Culturâl El Tomât, grazie alla disponibilità e alla collaborazione dei gestori e dei proprietari, ha allestito una mostra denominata “Buje tiere di fornâs e di fornasîrs”: fotografie storiche e tematiche andranno a riempire i “vuoti” nella cortina di vetrine delle strade di Avilla nei giorni della festa della “Madonna della Salute”, venerata dal lontano 1875 come “Madonna dei Fornaciai” e proclamata dal vescovo Battisti “Madonna della Ricostruzione”.

Buja è terra di fornaci da almeno quattrocento anni: infatti nel registro dei battesimi della pieve di San Lorenzo si può leggere che agli inizi del 1600 veniva iscritta la nascita ad Avilla di un Baracchini, figlio di Domenico “scodellaro”. La nascita e lo sviluppo delle fornaci artigianali, sia pur di piccole dimensioni e a fuoco intermittente (“cravuates”), erano legati alla natura del terreno che offriva argilla di ottima qualità accanto a giacimenti di torba, usata come combustibile: le mappe dei catasti napoleonico (1811) e austro-ungarico (1863) ci confermano quanto fossero diffuse.

I fornaciai di Buja sono i simboli di un paese e della sua gente, della storia del lavoro e delle migrazioni, memorie tramandate e condivise, esperienze di vita vissuta, che raccontano di capacità tecniche e di fatiche quotidiane, di particolari abilità specialistiche e di semplici manovalanze, di orgoglio professionale ma anche di abituale sfruttamento della manodopera infantile e femminile.

Il percorso disegnato dalla esposizione “itinerante” trasforma il paese in luogo di apprendimento e di condivisione di memorie. Le immagini e i testi offrono occasioni di un passaggio di testimone alle nuove generazioni e ai nuovi cittadini che abitano Buja. Pproprio la loro curiosità e la loro voglia di conoscere le radici della festa de Madone de Salût, ha sollecitato il Tomât a riproporre il lavoro, la fatica e l’ingegno che si rispecchiano nelle storie e nelle fotografie della emigrazione dalle strade di Germania alle imprese in Australia e Venezuela, e anche delle due fornaci bujesi attive fino al terremoto del 76, ovvero l’antica fornace Calligaro Cjocjo “la fornasate” di Arrio e la fornace industriale Calligaro Lene “il pravilegjo” di Urbignacco.

In mostra ci sono riproduzioni di grande formato di foto provenienti sia dagli archivi di Tarcisio e Alvio Baldassi e di Egidio Tessaro, sia da archivi privati. Ogni famiglia, infatti, conserva ricordi di quelle stagioni di duro lavoro, di lunga emigrazione, di ingegnosa imprenditorialità delle generazioni che hanno popolato quasi duecento anni di vita della comunità.

(nella foto un mattone fatto a mano nella fornace di Urbignacco con tipica iscrizione)