TERREMOTO- Morto un alpinista di Mossa

Il boato sordo dell’Orcolat, come chiamano il terremoto i friulani, è tornato a farsi vivo nel nord est, 28 anni dopo il devastante sisma che provocò 600 morti nella sola Gemona e a otto anni di distanza dall’ultimo forte sussulto, quello della domenica di Pasqua del ’98. Alle 15,04 di ieri una scossa di magnitudo 5.2, pari al settimo-ottavo grado della scala Mercalli, ha fatto tremare la terra da Trieste a Venezia, da Verona a Udine a Treviso: gente in strada, case e palazzi che tremano, lampadari che oscillano, paura, Ma, fortunatamente, i danni sono stati praticamente nulli, solo qualche calcinaccio si e’ scrostato, solo qualche sottilissima crepa si è aperta. Una fortuna non casuale: “tutto è stato costruito, o ricostruito dopo il ’76, a norma di legge, con criteri antisismici. Una simile scossa in altre parti d’Italia sarebbe stata ben più pesante”, commenta il capo della Protezione Civile Guido Bertolaso. L’epicentro del terremoto è stato localizzato in Slovenia, nella zona di Kobarid – Caporetto, un nome che agli italiani ricorda soltanto disfatte – nell’alta valle dell’Isonzo ad una quindicina di chilometri di distanza dal confine italiano. E proprio sul confine c’é stata l’unica vittima italiana: Maurizio Rosini, un alpinista di 60 anni di Mossa (Go) che stava salendo verso il Monte Nero. E’ stato colpito probabilmente da una frana staccatasi dal costone della montagna. Gli uomini del soccorso alpino sloveno non hanno potuto far nulla mentre sono riusciti a salvare la moglie Maria Babudri, che era con lui e che ora è ricoverata all’ospedale di Udine. Feriti, sempre in modo lieve, anche altri due alpinisti che stavano scalando un altro versante del monte Nero e due turisti nel campeggio di Zaga, a 30 chilometri dal confine. A Kobarid, invece, è morta una donna: il suo cuore non ha retto alla paura provocata dalla scossa. Bilancio, dunque, tutto sommato positivo, se si considera che una scossa della stessa magnitudo fece crollare praticamente un intero paese – San Giuliano di Puglia, in Molise – provocando la morte di 27 bambini e di una maestra rimasti sepolti nelle macerie della scuola. “E’ un problema di prevenzione – spiega Bertolaso – che si fa costruendo bene. E nel nord est, soprattutto in Friuli dopo il terremoto del ’76, si e’ costruito e ricostruito bene, rispettando criteri antisismici”. Nessun problema anche per i monumenti, soprattutto a Venezia dove i danni avrebbero potuto essere incalcolabili. “Non ci sembra ci siano stati danni – spiega il sovrintendente ai beni storico-artistici della città lagunare Giorgio Rossini – nessuno ci ha segnalato problemi o cadute”. Saranno, comunque, disposti accertamenti, in particolare per il campanile della Chiesa di Santo Stefano, uno dei più inclinati di Venezia. Qualche piccolo problema, invece, in Slovenia. Due lastroni di una delle pareti interne dell’ Ara Pacis di Medea sono crollati in seguito alla scossa. Ma erano pericolanti da tempo. Al piccolo paese al di là delle Alpi Giulie, l’Italia aveva offerto il suo aiuto in caso di necessità. “Abbiamo già sentito la protezione Civile slovena e il centro operativo di Bruxelles, fornendo la nostra immediata disponibilità a dare una mano concretà” ha detto Bertolaso. Le autorità slovene hanno però ringraziato e declinato l’offerta