BORDANO- Pacca sul sedere, per i paesani condanna ingiusta

Un paese si erge a difesa di un compaesano ritenuto ingiustamente condannato in via definitiva per un reato infamante e, in una lettera aperta e in una riunione svoltasi in serata, parla di un caso di “giustizia ingiusta”, di “un processo sbagliato”, sostenendo di non credere “in maniera assoluta” che l’ episodio incriminato “si sia mai verificato”. Il paese è Bordano, piccolo centro di montagna a una trentina di chilometri a Nord di Udine, dove vive Ivan P., di 40 anni, operaio, condannato di recente dalla Cassazione a 14 mesi di reclusione per avere – secondo l’ accusa – dato una pacca sul sedere a una ragazza mentre telefonava in una cabina pubblica. Bordano, conosciuto finora in particolare dai turisti per i suoi murales e le farfalle che qui trovano un loro habitat ideale, ha poco più di 800 abitanti e ben 282 di loro non hanno avuto alcun dubbio a mettere, nel giro di non più di 36 ore, la loro firma in calce al documento. “Non si vuole entrare nel merito delle motivazioni che hanno portato i giudici alla decisione di condanna – si avverte nel testo pubblicato oggi dai quotidiani Messaggero Veneto e Il Gazzettino – né se c’ è un’ equa proporzione fra la pena e la pacca sul sedere. Il nostro vuole essere un gesto di solidarietà con la vittima di questa sentenza e con la sua famiglia. Sosteniamo vittima – continua la lettera – perché le persone che lo conoscono e lo frequentano, non credono nella maniera più assoluta che un episodio del genere si sia mai verificato. Nel modo più totale crediamo alla sua innocenza e che sia stato un processo sbagliato”. Parlando con i promotori dell’ iniziativa, emerge che in realtà, all’ origine della vicenda giudiziaria sarebbero questioni di eredità in cui sarebbe coinvolta anche la donna, una cugina di Ivan P., ritenuta vittima della violenza. “Nessuno di noi – ha detto nella riunione svoltasi in serata una delle promotrici, Renata Piazza – nel prendere le difese di Ivan P., si è sognato di mettere in discussione il grande lavoro che in questi anni è stato fatto a favore delle donne che hanno subito violenza, perché uscissero allo scoperto e i colpevoli venissero puniti. Ma qui non si tratta di ‘coprire’ un colpevole. Noi crediamo nell’ innocenza totale di Ivan P. Conoscendolo, escludiamo che ci sia mai stato il gesto da cui deriva l’ accusa nei suoi confronti. Ci sono piuttosto questioni familiari, di eredità, che hanno determinato la denuncia. Lui é a pezzi. Noi abbiamo voluto fargli sentire la nostra solidarietà, anche se temiamo che ormai, essendo la sentenza definitiva, non si possa più fare molto. Ci sarebbe Strasburgo. Ma non so se l’ interessato abbia ancora voglia di proseguire in un’ azione giudiziaria che gli è già costata molto”. Sulla stessa lunghezza d’ onda è il sindaco di Bordano, Enore Picco, che tuttavia, non essendo stato messo al corrente dell’ iniziativa, non ha firmato il documento. “Conosco Ivan P. – ha detto il sindaco – e se i cittadini di Bordano, e tra questi molte donne, hanno preso un’ iniziativa del genere, vuol dire che qualcosa nella giustizia italiana non funziona. Non è possibile che si ammazzino persone, madri, figli, come sta succedendo in questi giorni in varie parti d’ Italia e poi venga strumentalizzata una cosa così banale. Capisco se una donna viene effettivamente violentata. Io sono sempre stato per la tutela massima delle donne. Ma è dal ’97, da quando e’ successo, che tutti qui sapevano che questa denuncia non stava in piedi. Non è una novità di oggi. I giudici di primo grado di Tolmezzo, che tra l’ altro sono dei seri professionisti e certo non prendono decisioni avventate, l’ avevano assolto”. Secondo i promotori della lettera ed anche secondo il sindaco, l’ unica colpa di Ivan P. “é di essere un lavoratore onesto, una brava persona sempre disponibile con gli altri. Non é certo lui – dicono – a doversi vergognare di qualcosa”.