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Soccorso alpino, a Paluzza un corso per gli interventi senza elicottero

Accade spesso che gli interventi di soccorso del CNSAS (Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico) vengano risolti con tecnici e personale sanitario presenti a bordo dell’elicottero. Permane sempre però una casistica importante legata a interventi in cui l’elisoccorso, a bordo del quale collaborano fianco a fianco personale tecnico e personale sanitario, non può intervenire. Si tratta ad esempio degli interventi notturni, in grotta o legati a particolari condizioni meteorologiche e ambientali. In tutti questi casi ogni team di soccorso alpino e speleologico ha da sempre al proprio fianco operatori sanitari specializzati capaci di muoversi autonomamente su terreno alpino e ipogeo. Si tratta di una componente presente fin dalla nascita del Soccorso Alpino, dato che un tempo gli elicotteri non erano previsti. La presenza di medici e sanitari tra i volontari è dunque sempre esistita. Ma se un tempo si trattava esclusivamente di volontari di soccorso che oltre all’esperienza in montagna avevano una specifica competenza professionale medica da mettere a disposizione del team, oggi sempre più di frequente collaborano con il soccorso alpino operatori sanitari che vengono formati espressamente per muoversi assieme alle squadre di tecnici su terreno impervio, alpino e speleologico, pur non avendo esperienza specifica maturata in tali scenari.

Lo scorso weekend, sabato 28 e domenica 29 ottobre, si è svolto a Paluzza, presso il CESFAM (Centro Servizi per le Foreste e le Attività della Montagna) della Regione Friuli Venezia Giulia l’ultimo modulo del corso per Operatori Tecnico Sanitari (OTS) – figure previste da pochi anni all’interno del piano formativo nazionale del CNSAS – a cui hanno preso parte venti aspiranti operatori da inserire in organico. I candidati provengono dalla medicina d’urgenza ed emergenza e sono anestesisti-rianimatori e infermieri del servizio di elisoccorso regionale, pronto soccorso, reparti di terapia intensiva, infermieri con grande esperienza di centrale operativa. Alcuni di loro hanno già ottime competenze alpinistiche e sci alpinistiche. Attualmente, il gruppo sanitario (medici e infermieri) del servizio regionale (alpini e speleo) consta di 30 elementi. Durante il corso vengono selezionati con prove attitudinali – anche nella stagione invernale – che hanno lo scopo di renderli autonomi nel raggiungimento dei luoghi d’intervento in tempi ragionevoli e con modalità di sicurezza adeguate. Le prove affrontate durante i corsi consistono nella movimentazione su terreno impervio, nella progressione da secondo di cordata su quarto grado, nella progressione su parete verticale con utilizzo corda fissa, nella realizzazione di ancoraggi naturali e artificiali, nella conoscenza delle legature di base e della discesa in corda doppia, nell’impiego dei ramponi su terreno invernale, nelle tecniche di imbarco e sbarco dall’elicottero non sanitario, e nel conoscere le principali nozioni di nivologia, valanghe e autosoccorso in valanga.

Lo scorso weekend a Paluzza ogni squadra mista (tecnici+sanitari) ha effettuato simulazioni sul campo delle reali difficoltà in vari ambiti d’intervento, con manovre di stabilizzazione e recupero in parete e su terreno impervio (boschi ripidi e ghiaioni) e con cinque tipologie diverse d’incidente: arrampicata, incidente boschivo con taglio da motosega, caduta in bosco, incidente in mountain bike, incidente di parapendio. L’attività, ha rappresentato un momento di crescita per entrambe le componenti, tecnica e sanitaria, e ha dimostrato l’importanza del lavoro di squadra e dell’adozione di una strategia d’intervento condivisa, che tenga conto di rapidità, opportunità e realizzabilità delle scelte operative in ambienti cosiddetti “non protetti” e ad alto grado di pericolosità. Come è accaduto quest’inverno in Val Saisera quando in piena notte, il Soccorso Alpino di Cave del Predil ha recuperato e stabilizzato un alpinista sloveno feritosi gravemente dopo una caduta o come è accaduto in Baviera nel 2014, dove i nostri tecnici speleologi sono stati determinanti per il salvataggio di uno speleologo tedesco gravemente ferito alla testa che è stato stabilizzato e tratto in salvo da -1200 metri dopo dieci giorni di complesse operazioni di recupero.