Per la prima volta raggiunti i -900 sul Monte Canin
Il Soccorso Alpino e Speleologico mette a segno un altro importante obiettivo ad una settimana di distanza dall’importante esercitazione speleosubacquea tenutasi alle sorgenti del Gorgazzo di Polcenigo (PN), nella quale è stata raggiunta per la prima volta la profondità di cento metri nella simulazione di un recupero in immersione.
Tra giovedì 27 e sabato 29 settembre è stato il versante meridionale del Monte Canin teatro di un altro eccezionale soccorso speleologico, simulato a ben novecento metri di profondità, una distanza mai raggiunta prima in una esercitazione. Le operazioni si sono svolte in territorio sloveno, con il raduno di circa novanta tecnici speleologi provenienti da diverse regioni d’Italia – trentadue italiani di cui ventitré dalla nostra regione con una prevalenza di giuliani (quindici) – e dall’Europa dell’Est: Slovenia, Serbia, Croazia, Austria, Bulgaria e Macedonia.
La grotta, il cui ingresso si trova a 2300 metri di quota, poco lontano dal Rifugio Skalarja, che dà anche il nome all’abisso carsico scelto per le operazioni – conosciuto da oltre trent’anni e primo tra gli abissi profondi del Canin meridionale – ricade interamente in territorio sloveno. Gli organizzatori e i tecnici hanno infatti fissato il campo base a Bovec – Plezzo, da dove le squadre e le attrezzature sono state portate in quota grazie agli impianti di risalita. In Italia non esistono molte grotte di tale profondità e al tempo stesso considerabili semplici, ovvero senza tante strettoie, con andamento molto verticale e con pochi spostamenti in orizzontale: condizioni che consentono di guadagnare velocemente dislivello in un recupero, soprattutto in salita.
Dai meno novecento di partenza fino ai meno duecentotrenta il recupero è avvenuto a squadre alternate con le veloci tecniche italiane, caratterizzate da leggerezza e materiali ridotti al minimo, mentre dai meno duecento a quota zero il recupero è stato effettuato (da tecnici sloveni assieme a tutti gli altri dell’Europa dell’Est) con le tecniche alla francese, ovvero con dispiegamento di diversi materiali e speleologi in campo. Il recupero è avvenuto con successo in un arco di trenta ore, aggiungendo un importante tassello di qualità, sicurezza e specializzazione nell’organizzazione del Soccorso Alpino e Speleologico nostrano.