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Nuovo passo avanti del giro d’affari per le imprese artigiane della provincia di Udine

Nuovo passo avanti del giro d’affari per le imprese artigiane della provincia di Udine. Dopo l’inversione di tendenza, messa a segno a gennaio 2018, quando per la prima volta dopo 11 anni le imprese intervistate nell’ambito dell’indagine congiunturale restituivano un’istantanea positiva, quest’anno il trend si consolida: dal +7,2% dell’anno passato, il saldo d’opinione sul fatturato annuale passa al +10,9%, un dato che sembra mandare definitivamente in archivio i periodi più bui della crisi, quando lo stesso indicatore era sceso fino al -33,9% (2015).

A dirlo è la XXVI Indagine congiunturale sull’artigianato friulano realizzata dall’Ufficio studi di Confartigianato-Imprese Udine sulla base di 600 interviste realizzate dall’Irtef nella prima metà di gennaio che stamattina è stata presentata nella sede udinese dell’associazione. Le aziende chiamate in causa certificano dunque, con percentuale a doppia cifra, che il picco negativo della crisi è ormai lontano, anche se non tutti i comparti beneficiano dell’ondata di positività allo stesso modo. Tra i diversi settori artigiani il saldo d’opinione sul fatturato passa infatti dal +28,6% di comunicazione e servizi innovativi al -5% dell’alimentare. Bene vanno gli impianti (+20,5%), i servizi e il terziario (+19%), i trasporti la logistica e mobilità come pure le manifatture e le subforniture (+17,4%). In area negativa, oltre all’alimentare, restano invece la moda con il comparto artistico (-3,4%) e l’importante settore del benessere e servizi alla persona (-3,5%).

Grandi e piccoli. Il report dice con chiarezza che più le aziende sono strutturate, più migliora il giro d’affari. La correlazione tra la variabile dimensionale e il saldo d’opinione, messa in luce dall’Ufficio studi, dimostra infatti che l’andamento del giro d’affari migliora al crescere della grandezza delle imprese. Quelle con fatturato fino a 50.000 euro hanno un saldo d’opinione negativo (-4,3%) che diventa appena positivo per quelle tra i 50.000 e i 100.000 euro di fatturato (+5,7%) per arrivare infine all’exploit delle imprese più spallate: da 200.000 fino a 500.000 euro il saldo è del +38,9%, da 500.000 euro in su supera il +40%. Dinamica simile per gli addetti: le imprese con un addetto si fermano all’+1,6% di saldo d’opinione sul fatturato contro il +55,9% di quelle con più di 10 addetti.

La formula del successo. Qual è l’identikit dell’artigiano di successo? Le 600 imprese chiamate in causa dall’indagine congiunturale dicono i giovani con esperienza. Età compresa tra i 35 e i 44 anni, maschio, laureato, leader di un’azienda strutturata nel terziario avanzato o nel manifatturiero. Se poi dal titolare si passa alle caratteristiche geografiche e aziendali delle imprese di maggior successo, sempre in relazione al saldo d’opinione sul fatturato, le migliori a sentire gli intervistati sono le quelle di lungo corso, nate prima del 1976, con sede nella cintura udinese, attualmente con forma giuridica di Srl, con più di 10 addetti e un fatturato superiore al mezzo milione di euro.

Export. Guardare oltre il mercato domestico consente di ampliare il proprio mercato con performance migliori per il giro d’affari. Eppure, la quota di aziende artigiane orientate all’export è in calo rispetto al 2018: dal 13,7% si passa al 10,3% di gennaio 2019, una su dieci. Stessa decrescita se ci si focalizza sul settore manifatturiero. Anche qui la quota è scesa tra 2018 e 2019: dal 32,2% di imprese esportatrici (una su tre) si è passati al 25,1% (una su quattro).

Fiducia. Prevale l’ottimismo degli artigiani sulla capacità di competere della propria impresa, un “sentiment” in sintonia con il positivo andamento delle vendite, con un voto pari a 7,4 su dieci, in lieve crescita rispetto agli ultimi anni. La fiducia sull’economia italiana, dopo la crescita di quasi un punto percentuale fatta segnare a metà del 2018, rimane invariata su un voto pari a 4,7, un livello ancora insufficiente che testimonia la situazione di incertezza economica percepita dagli artigiani.

Occupazione. L’85,7% dei lavoratori dipendenti sono occupati a tempo indeterminato, leggermente inferiore all’anno precedente (86,2%). Nel settore artigiano l’effetto della stretta data dal Dl Dignità al lavoro a termine sembra ancora timido. Gli artigiani restano guardinghi: da un lato stabilizzano meno, dall’altro utilizzano contratti a termine e di apprendistato. Risultato: lo stock di occupati dipendenti fa un nuovo passo avanti: +3,9%.

Criticità. Su tutte gli artigiani denunciano la crescita dei prezzi praticati dai fornitori, segnalata dal 51,2% degli intervistati, oltre la metà. Seguono a stretto giro la crescita dei costi energetici (49,2%), l’allungamento dei tempi di pagamento da parte dei clienti (48,3%) e la mancanza di capitali per investimenti (41,3%).

Previsioni. Prevale l’ottimismo. La maggior parte degli artigiani chiamati in causa dall’indagine ritiene che nel 1° semestre 2019 andrà ancor meglio del 2018. Se il saldo d’opinione a consuntivo 2018 si era attestato a + 10,9%, quello previsto per il primo semestre 2019 punta infatti al 18,3%. “Le imprese che sono riuscite a superare il periodo più nero della nostra economia hanno oggi ancora voglia di scommettere – ha detto stamattina, a margine della presentazione dell’indagine, il presidente di Confartigianato-Imprese Udine, Graziano Tilatti (nella foto). E’ questo il dato che emerge con forza dell’istantanea che mi colpisce in modo particolarmente favorevole laddove fotografa l’irruzione sullo scenario economico locale delle nuove generazioni, di ragazzi con 30, 40 anni d’età e un alto livello d’istruzione che guidano le nuove imprese di servizi. Vorrei che quello stesso ricambio – ha aggiunto Tilatti – ci fosse anche nelle imprese storiche della manifattura: così potremmo finalmente dire d’aver rovesciato il trend negativo sulla trasmissione d’azienda”.

Volgendo lo sguardo al legislatore nazionale, il leader degli artigiani friulani ha fatto sua l’aspettativa manifestata dalle imprese riaspetto al Governo nazionale: “Chiediamo meno tasse e burocrazia per le nostre imprese e la riduzione del cuneo fiscale per i nostri dipendenti così da restituire loro potere d’acquisto che avrebbe un effetto moltiplicatore tale da rilanciare i consumi interni”, ha concluso Tilatti.