CollinareEconomiaPrimo piano

Nel giorno dello sciopero alla Sàfilo la richiesta di contratti di solidarietà per scongiurare gli esuberi

«Queste mani hanno fatto gli occhiali più belli del mondo». Fatima Comisso, 52 anni sulla carta d’identità di cui 32 in Sàfilo, lo dice con le lacrime agli occhi. Nelle sue parole il no a una chiusura che vede compatti, dietro agli striscioni e alle bandiere dei sindacati, le lavoratrici e i lavoratori, oggi 235, dello stabilimento di Martignacco, davanti al quale, nel giorno dello sciopero proclamato dai vertici del gruppo, questa mattina è scattato un affollatissimo presidio che per una decina di minuti si è trasferito sulla carreggiata della regionale 464 Udine-Spilimbergo, bloccando pacificamente e senza incidenti il traffico.

«I lavoratori friulani non sono usa e getta», si legge in uno dei tanti striscioni affissi all’ingresso dello stabilimento per respingere al mittente il piano choc annunciato martedì sera ai sindacati dai vertici del gruppo padovano, piano che come noto prevede il licenziamento di 700 dipendenti, più di un quarto dell’attuale forza lavoro, con tagli pesantissimi soprattutto nel sito friulano e a Longarone, nel bellunese. Ai dipendenti anche la solidarietà dei sei comuni più pesantemente colpiti dallo spettro della chiusura: presenti al presidio, infatti, i sindaci di Gianluca Casali (Martignacco), Daniele Chiarvesio (Fagagna), Albina Montagnese (Moruzzo), Pietro Valent (San Daniele), Gabriele Contardo (Rive d’Arcano) e l’assessore alle attività produttive Giuseppe D’Antoni per il comune di Mereto di Tomba, già coinvolto lo scorso anno da un’altra chiusura nel settore della moda, quella delle Confezioni Daniela, che davano lavoro a 45 operaie tessili.

No agli esuberi e contratti di solidarietà con contestuale riduzione dell’orario distribuita nell’ambito di tutto il gruppo. Questa la richiesta che i sindacati di categoria della provincia di Udine, con Andrea Modotto (Filctem-Cgil), Pasquale Lombardo (Femca Cisl) e Nello Cum (Uiltec) rilanciano all’amministratore delegato Angelo Trocchia, nell’attesa dell’incontro in programma questo pomeriggio nella sede di Confindustria Padova e soprattutto del tavolo di crisi di cui si chiede l’apertura immediata al Mise, con il pieno coinvolgimento anche della Regione Friuli Venezia Giulia.

Inaccettabile infatti, per le tre sigle, la rinuncia a un sito che vanta livelli altissimi di efficienza e macchinari all’avanguardia, segnando la scomparsa del Friuli dalla mappa del gruppo Safilo, dieci anni dopo la chiusura dello stabilimento di Precenicco. Così come sono state definite inaccettabili le modalità con cui è stato annunciato il piano e le pressioni fatte dall’azienda sui dipendenti per indurli a disertare lo sciopero e il presidio.
Pressioni che sembrano avere avuto l’effetto contrario, contribuendo ad aumentare ulteriormente la determinazione delle lavoratrici e dei lavoratori nel difendere un patrimonio di esperienza, di dedizione e di professionalità che Sàfilo e il Friuli, ribadiscono sindacati e dipendenti, non possono permettersi di disperdere.

LA REGIONE 

Un’azione congiunta con il Governo, a cui è già stato chiesto un tavolo urgente, e con la Regione Veneto dove altri posti di lavoro sono a rischio.

Sono questi gli assi su cui si sta muovendo l’assessore regionale alle Attività produttive, Sergio Emidio Bini, presente stamattina alla manifestazione.

“Questo è un fronte drammatico che vede coinvolte 250 famiglie per le quali stiamo lavorando in maniera intensa”, è stato il primo commento dell’assessore. “La Regione si è immediatamente attivata tramite il governatore Fedriga che ha sentito il ministro Patuanelli. Al Mise abbiamo chiesto un tavolo urgentissimo già la prossima settimana per comprendere quali azioni possiamo mettere in atto assieme affinché queste famiglie possano guardare ai prossimi mesi con maggior serenità”. L’assessore ha annunciato anche un dialogo con l’amministrazione regionale veneta: “parleremo anche con il Veneto perché è necessario fare un ragionamento congiunto a tutela dei lavoratori”.