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Migranti in albergo come al college, da Tarvisio la sfida di Anselmi

vito anselmiVito Anselmi, titolare dell’Hotel Il Cervo di Tarvisio (216 posti letto), in occasione di una serata culturale avvenuta ieri all’interno della struttura ricettiva, ha voluto ufficializzare al pubblico tutti i dettagli del nuovo ed innovativo progetto di integrazione di minorenni profughi di guerra che interesserà il proprio albergo.
Una iniziativa anticipata sabato scorso durante un incontro con l’assessore regionale all’immigrazione Gianni Torrenti, il prefetto di udine Vittorio Zappalorto e con il sindaco di Tarvisio Renato Carlantoni, finita subito al centro del dibattito in Val Canale tra favorevoli e contrari.
“Vorrei fare ancora più chiarezza se possible su questo piano di integrazione che vede il nostro albergo al centro – specifica l’albergatore –  il mio primo obiettivo è quello di garantire un futuro a questi ragazzi. Ne accoglierò una trentina, avranno un’ala a loro riservata, con un ingresso indipendente. Saranno vestiti come in un college e formati per consentire loro di possedere le arti di un mestiere. Saranno controllati a livello sanitario in modo peculiare. Dopo due anni, potranno essere in grado di inserirsi nel tessuto sociale. Il nostro hotel gode per fortuna di ottima saluta economica, i bilanci sono in ordine. Ho deciso di affrontare questa scelta e le sue conseguenze perché mi sento di doverlo e poterlo fare, ottenendo i denari solo per coprire le spese, senza nessun guadagno. Tarvisio potrà così divenire l’esempio, a livello nazionale, di un nuovo modello di integrazione. Con questi crismi, creando una sorta di college di formazione ed educazione alla nostra cultura, siamo in grado di offrire ai ragazzi un futuro” ha sottolineato Anselmi. 
hotel il cervo tarvisioAnselmi, 81 anni, ex sindaco di Tarvisio per due mandati, precisa ancora: “Ho incontrato l’assessore e il prefetto, insieme al sindaco di Tarvisio Renato Carlantoni, ci siamo impegnati tutti, affinché questo progetto possa divenire modello nazionale, se, come me, anche altri, in Italia o all’estero, si impegnassero in questo modo: offrendo un piano di integrazione vero, potremmo fare la differenza noi italiani, da sempre popolo di migranti, e di persone di cuore. Usando però metodo, e razionalità, come penso di avere fatto, nella costruzione di un piano di integrazione come questo, valido e soprattutto concreto nella sua attuazione”.