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Mentil (Pd) sulla sanità in montagna: «Regione lontana dai bisogni del territorio»

Sul tema della sanità in montagna, riceviamo e pubblichiamo le riflessioni del consigliere regionale del PD, già sindaco di Paluzza, Massimo Mentil.

A sei anni dalla riforma della sanità del 2019 e a fronte di una serie di criticità irrisolte nel sistema salute nell’Alto Friuli, dall’ospedale di Tolmezzo alla situazione carente dei medici di base, è necessario tirare una linea e riconoscere la necessità di un cambio di marcia e un ripensamento di metodi che non hanno dimostrato di funzionare a sufficienza.

Il territorio montano, si sa, ha una fragilità differente rispetto ad altre zone, subisce da lungo tempo un progressivo spopolamento con un conseguente innalzamento dell’età della popolazione che resta in questi territori. E poi c’è il turismo con afflussi in crescita costante, come registrato anche in quest’ultima stagione invernale. Tutto questo impone una riorganizzazione e una programmazione dei servizi sia territoriali che ospedalieri, sia di risposta ai bisogni delle persone, siano esse stanziali o di passaggio, come appunto i turisti.

Se ne vanno i cittadini, ma se ne vanno anche i professionisti della sanità, oppure non arrivano proprio. E allora è necessario pensare e mettere a terra politiche di attrattività per il personale medico e infermieristico nella sanità pubblica, bloccando la fuga verso il settore privato, fenomeno inedito, quantomeno in queste dimensioni, e che in controtendenza rispetto al passato sta portando a un progressivo svilimento del pubblico. Una situazione, questa, figlia di scelte economiche precise, ma anche della carenza di strumenti per migliorare l’organizzazione interna: senza personale non può’ esistere un sistema sanitario diffuso sul territorio e prossimo ai cittadini.

Il nodo dell’ospedale di Tolmezzo, inoltre, va superato: abbiamo sentito dire a più riprese che l’ospedale di Tolmezzo “non si tocca”, ma è sotto gli occhi di tutti quanto invece, dal 2019, tanto è gia’stato “toccato”. Il presidio ha subito in questi ultimi anni la perdita del servizio di pneumologia convenzionato con Trieste, il servizio di dermatologia, la riduzione dei posti letto insolventi, tra il 2022 e il 2024, per i bisogni del territorio, questo legato alla contestuale carenza di infermieri. E ancora le preoccupazioni per la possibile perdita del punto nascita infine scongiurato, il depotenziamento della palliazione territoriale, il declassamento da Soc a Sos per la pediatria, ginecologia e cardiologia, l’azzeramento delle attività di impianto dei pace maker.

E infine le ultime scelte penalizzanti come il trasferimento della chirurgia senologica, decisa prima di presentare il piano della rete oncologica regionale e quindi la non necessaria esternalizzazione del servizio di pronto soccorso con l’affidamento per i codici bianchi, azzurri e verdi a una società privata. È necessaria una corretta devoluzione di funzioni dal centro ai territori utile anche a tutela della sostenibilità dell’ospedale hub, mantenendo un’efficacia degli ospedali spoke, con opportunità professionali e qualità dei servizi erogati ai cittadini.

E ancora, le case di comunità: chi ci mettiamo dentro? Nel 2025 si prevede l’attivazione di sole tre case di cui nessuna in montagna, è necessario accellerare la loro realizzazione identificando in ogni territorio con la collaborazione di distretti e amministrazioni comunali e le funzioni da attribuire alle stesse. E poi, c’è la questione della medicina territoriale dove, nonostante i diversi tentativi di riorganizzazione del sistema la situazione resta ancora critica. Non è bastata la deroga al tetto massimo di pazienti per ogni medico e l’istituzione dei medici di vallata si è dimostrata insufficiente, non per il lavoro dei professionisti, quanto per l’organizzazione, soprattutto a seguito della recente fuoriuscita di due medici su quattro che ha ulteriormente destabilizzato la situazione, facendo venire meno la necessaria fidelizzazione del rapporto tra paziente e medico e quindi il concetto di presa in carico e assistenza che da garanzia di qualità del servizio.

In definitiva, la Regione sta dimostrando di essere lontana dai bisogni e dalla necessità di un territorio fragile, con le scelte della Giunta non risolutive nel medio e breve termine.

MASSIMO MENTIL