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L’impatto del cinghiale sull’agricoltura al centro di un confronto a Enemonzo

Si è tenuto ieri sera nei locali del Caseificio Val Tagliamento ad Enemonzo, un incontro promosso dalla Comunità di Montagna della Carnia che verteva sulla questione inderogabile della presenza del cinghiale sul territorio e il conseguente impatto sull’agricoltura. Presenti oltre agli esperti e responsabili regionali del settore agro-forestale, alcuni agricoltori della vallata e i responsabili dei distretti venatori, chiamati in causa a supporto della risoluzione fattiva del problema.

Paolo Gressani, presidente del Caseificio storico con sede ad Enemonzo ha spiegato le motivazioni di questo incontro: «E’ ormai evidente che l’agricoltura in montagna è arrivata ai minimi termini e sta riducendo la possibilità di guardare al proprio futuro. Danni su grande e piccola scala alle colture e anche su prato stabile».

Claudio Coradazzi, vicepresidente e assessore all’agricoltura della Comunità di Montagna, nonché sindaco di Forni di Sotto, dove l’effetto del passaggio dei cinghiali è ormai non ignorabile, nell’aver fortemente voluto e promosso l’incontro, ha sottolineato la volontà dell’ente sovracomunale carnico di mediare per trovare una soluzione al problema: «Avevamo fretta di trovarci qui in sede congiunta. La risposta a questa calamità che da anni mette a rischio l’agricoltura montana non può essere risolta in poco tempo. Come Comunità di Montagna siamo un collettore di richieste che provengono dal territorio. Il grido d’allarme arriva da questa vallata anche se tutta la Carnia ne soffre. Bisogna creare un ponte tra Comuni e associazione di cacciatori affinche questi intervengano nell’ambito sociale creino un benessere collettivo, non invasivo ma di controllo»

Vittorino Dorotea, direttore della riserva di caccia di Tolmezzo, ha denunciato la rigidità delle leggi nazionali e regionali che vincolano in maniera importante l’attività venatoria: «Nel 2005 era già stato fatto un incontro sul cinghiale con l’allora Comunita montana, includendo il distretto venatorio che eccetto Treppo Ligosullo e Paularo comprende tutto il vasto territorio. Il possibile è già stato fatto. La legge 157/92 è una legge di patrimonio faunistico. Oggi avremmo bisogno di una legge di gestione autonoma del patrimonio faunistico. Sarà l’assemblea dei cacciatori del 2 aprile a stabilire nei limiti della legge l’azione da intraprendere. L’eradicazione del cinghiale non è consentita in zona alpina ed in ogni caso la legge volutamente è macchinosa per legare le mani agli utenti del territorio. Cercheremo di essere responsabili e presenti, aumentando l’attività di abbattitori specializzati».

Dario Colombi del Servizio caccia e risorse ittiche, ha espresso contrarietà rispetto ad alcune considerazioni di Dorotea: «La Regione sta cercando di fare il possibile da un punto di vista pratico e normativo. Stiamo sviluppando piani di controllo e corsi di cacciatore formato. Bisogna trovare il giusto equilibrio tra cacciatori, agricoltori e attività venatorie in deroga».

Il pubblico di conoscitori del territorio, o per attività rurale o venatoria, ha denunciato la lentezza di sistema e dei regolamenti che non riescono a permettere un arginamento del fenomeno dell’invasione da animali selvatici: «Stiamo cominciando a ragionare se vale la pena ancora produrre cibo – il commento degli agricoltori carnici -. Questo dato è allarmante. Non beni di seconda necessità, ma cibo. I costi di produzione sono ormai alle stelle e i danni rischiano di metterci in ginocchio definitivamente».

«Abbiamo le mani legate – la risposta dei cacciatori e dei direttori di riserva carnici in linea con la visione di Dorotea -. Possiamo lavorare sulla deroga e la caccia preventiva, ma dovremmo avere degli abbattitori specializzati che ad oggi sono pochi. Sta invecchiando anche il corpo dei cacciatori

«C’è stato un primo accordo fra le amministrazioni – ha concluso Coradazzi -, rappresentate in quella sede dalla comunità di montagna e le riserve di caccia al fine di cercare di venire incontro alle richieste avanzate dalle aziende agricole. La Regione ha espresso disponibilità nei confini consentiti dalla legge. Incontro tutto sommato positivo, che ha messo a confronto i portatori di interesse nel settore con gli attori principali di questa vicenda che sono i cacciatori, che possono veramente aiutare a risolvere il problema».