Omicidio di Gemona, le due donne davanti al gip: “Un piano architettato, non c’erano alternative”
Si stanno tenendo questa mattina di sabato 2 agosto le udienza di convalida nel tribunale di Udine per le due donne autoaccusate dell’omicidio del 35enne di Gemona Alessandro Venier. Maylin Castro Monsalvo, 30 anni, compagna dell’uomo, e Lorena Venier, 61 anni, madre di Alessandro, sono comparse davanti al giudice per le indagini preliminari Mariarosa Persico alle 9.15.
Ad assistere le due indiziate di omicidio volontario ci sono gli avvocati Francesco De Carlo e Federica Tosel per la 30enne, Giovanni De Nardo per la 61enne. Il primo interrogatorio dal gip ha riguardato Maylin, ed è terminato alle 9.48. La difesa ha chiesto la custodia attenuata per detenute madri di prole inferiore a un anno, prevista dalla legge in vigore dall’aprile scorso. In questo modo la donna potrà prendersi cura della bimba avuta dalla vittima, Alessandro Venier, che ha soltanto sei mesi. Lo ha reso noto la stessa avvocata difensore della donna, Federica Tosel, al termine dell’udienza di convalida dell’arresto. Quindi è toccato poi a Lorena.
“Ho fatto una cosa mostruosa ma era necessaria. Mi rendo conto dell’enormità ma non c’erano alternative. Mailyn è la figlia femmina che non ho mai avuto”. Queste le parole pronunciate dalla madre che ha ucciso e fatto a pezzi il figlio. La donna, per circa tre ore, ha parlato davanti al magistrato, spiegando nel dettaglio ciò che è accaduto. Una ricostruzione così circostanziata che ha portato la Procura a contestare l’aggravante della premeditazione. Spetterà appunto il gip, nell’udienza di convalida, a decidere se sarà applicata.
LA RICOSTRUZIONE
E’ più chiara anche la dinamica dell’omicidio: l’uomo sarebbe stato dapprima stordito con una forte dose di farmaci e poi soffocato con un cordino. Una volta morto sarebbe cominciata l’operazione di sezionamento del cadavere. La lite a cena, una settimana fa, era dunque solo un pretesto per eseguire un piano che le due donne avevano architettato. Un disegno criminale così efferato che le ha portate, dopo il delitto, a sezionare il cadavere dell’uomo, per nasconderlo, e a coprirlo di calce viva. Allo scopo di non destare sospetti, la madre della vittima si è recata regolarmente al lavoro fino a mercoledì sera. E’ dipendente del Distretto sanitario ubicato all’interno dell’ospedale cittadino: nessuno dei colleghi ha sospettato. La giovane colombiana si è invece occupata della piccina, continuava a uscire con la piccola nella carrozzina.
Il ‘patto’ ha retto cinque giorni, poi giovedì mattina la giovane colombiana, già depressa dopo il parto, è passata accanto al bidone con i resti del compagno e ha digitato il 112, costituendosi.
IL POSSIBILE MOVENTE
L’uccisione di Alessandro è avvenuta alla vigilia della partenza per la Colombia, il luogo dove l’uomo aveva deciso di andare a vivere con la compagna e la figlia di sei mesi: una scelta che non sarebbe stata condivisa né da Mailyn né da Lorena. La prima non avrebbe voluto tornare nel suo Paese, mentre la seconda non avrebbe voluto separarsi dalla piccola con la quale il legame sarebbe stato ancora più forte di quello con la nuora. La solidarietà tra le due donne deriverebbe anche dal fatto che Alessandro sarebbe stato considerato un peso da entrambe. L’uomo non avrebbe mai avuto un lavoro fisso, si sarebbe arrangiato con qualche lavoretto. E questa situazione, che non gli avrebbe permesso di portare a casa uno stipendio sicuro, sarebbe stata motivo di screzi quotidiani in famiglia. L’uomo come hobby collezionava, nella stessa casa dove stava allevando anche la neonata, decine di pericolosi residuati bellici della Seconda guerra mondiale. Li cercava, li trovava e spesso li rivendeva ad appassionati del settore. Sarebbe stata una delle attività che svolgeva per sbarcare il lunario insieme con altre che hanno spinto le forze dell’ordine a informarsi su di lui e forse anche altro. Così come la Colombia, dove sembra che avesse affari non ancora chiariti, e dove vive un suo caro amico, titolare di una azienda agricola.
IL MESSAGGIO DEL SINDACO E L’IMPEGNO PER LA BIMBA DI 6 MESI
“Di momenti difficili Gemona negli anni ne ha vissuti tanti, in tempi più o meno recenti, ma si è sempre unita in se stessa trovando la forza nella comunità e nella solidarietà di tante persone – ha scritto sul suo profilo facebook il sindaco di Gemona del Friuli, Roberto Revelant –
Senz’altro la terrificante notizia che ha sconvolto la città, ma credo l’Italia intera, rappresenta un ulteriore duro colpo da assorbire e superare.
Evitiamo frettolose sentenze, i social non siano la sede del giudizio, ma lasciamo ad altri tale onere. Ringrazio chi in queste ore ha collaborato, senza escludere nessuno, nella gestione di questa situazione inimmaginabile. Ripartiamo dai valori, principi e comportamenti di rispetto, solidarietà e responsabilità che sono fondamenta di ogni comunità, indispensabili per aiutare chi vive delle difficoltà. Un pensiero per chi non c’è più, alla piccola con un futuro da scrivere o riscrivere, un abbraccio infine a tutti i nostri concittadini e a chi soffre. Facciamoci forza e ritroviamoci tutti, dopo il dolore di questi giorni, nella serenità” ha aggiunto Revelant.
“La priorità assoluta – sottolinea il sindaco – è garantire a questa piccola bimba condizioni di sicurezza e un percorso che possa assicurarle, per quanto possibile, una crescita serena. La comunità ha mostrato grande affetto nei suoi confronti e nelle prossime settimane attiveremo ogni canale per darle stabilità”.
