COMEGLIANS- Fauna come opportunità di sviluppo
Ogni anno gli italiani spendono 25 milioni di euro per andare a cacciare all’estero. Non un euro fa la strada contraria. Eppure nel solo Fvg potrebbero entrare almeno 3 milioni di euro l’anno solo in tasse per l’abbattimento della fauna in eccesso, se fosse prevista un prelievo venatorio a fini turistici. Risorse che potrebbero essere utilizzate dalle riserve per meglio gestire, programmare, progettare, controllare un bene rinnovabile che rappresenterebbe una ricchezza ben più importante solo se fosse gestita in maniera innovativa. Il solo Parco delle Dolomiti friulane – come ha spiegato Italo Filippin, cacciatore e ambientalista di Erto e Casso – potrebbe incassare almeno 500 mila euro l’anno per l’abbattimento di un centinaio di camosci dei 400 che si devono abbattere ogni anno per rimanere nell’ambito dei 3.500 capi, numero ideale per una superficie di 40.000 ettari.
Invece Daniela D’Aronco, piccolissima allevatrice di vacche da latte di Comeglians, ha denunciato una situazione insostenibile: i cinghiali, arrivati anche in Carnia da almeno 5 anni, devastano i prati rendendo impraticabili le operazioni di sfalcio con le macchine e scoraggiando ancora di più i pochi allevatori che resistono in montagna. Risultato? L’ulteriore abbandono del territorio. Due faccia di una stessa medaglia: la fauna è una opportunità o un danno per l’ambiente? Di questo s’è parlato oggi a Comeglians al cinema teatro l’Alpina nel corso di un convegno organizzato da Cirmont, Università di Udine, Coldiretti con la collaborazione dei Circoli Culturali della Carnia e del Comune di Comeglians. I lavori, coordinati da Giorgio Ferigo, dopo i saluti del sindaco di Comeglians Flavio De Antoni e del presidente della Comunità Montana della Carnia Lino Not, hanno posto in evidenza le potenzialità di un settore, quello della fauna, se fosse gestito in maniera innovativa e imprenditoriale, ma anche i danni che oggi crea alle attività agricole e all’ambiente.
Dopo l’introduzione di Manuela Croatto, direttrice di CirMont, che ha illustrato i progetti dell’Istituto per la ricerca per la montagna, è stato il direttore di Coldiretti del Fvg Oliviero Della Picca ad evidenziare il malessere diffuso non solo degli agricoltori ma anche dei cittadini delle aree montane e collinari che sempre più spesso denunciano l’invadenza della fauna selvatica, in particolare dei cinghiali, dal pordenonese al Carso triestino, passando per il Collio, ai Colli orientali, alla Bassa friulana. “A Cuneo agricoltori e sindaci sono scesi in piazza – ha detto Della Picca – per protestare contro una situazione forse più pesante della nostra. Noi abbiamo preferito il ragionamento e la ricerca di una soluzione condivisa che veda agricoltura, artigianato, ristorazione, mondo della caccia, università e soprattutto enti locali, Regione, lavorare assieme per una proposta innovativa. La nostra idea – ha aggiunto Della Picca – è quella di trasformare una emergenza in una opportunità: l’eccesso della presenza di cinghiali, come di altri selvatici, infatti, può diventare occasione, laddove si evidenzia, per creare una filiera nuova, certificata, rintracciabile che preveda un abbattimento selettivo concordato e una trasformazione e commercializzazione dei prodotti derivati. Accanto ad essa è possibile anche ipotizzare un turismo venatorio per altre specie, se gestite in maniera innovativa, che porti benefici economici prima di tutto ai residenti attraverso le tasse di abbattimento, i pernottamenti, la vendita di prodotti alimentari ed immaginare allevamenti nelle aree montane”.
La proposta è stata accolta positivamente da cacciatori e da ambientalisti. Marco Buzziolo, giornalista e presidente del Circolo friulano cacciatori, non solo la sposa ma ha sostenuto al necessità di voltare pagina affinché la fauna diventi in Fvg quello che è da anni per altri Paesi d’Europa e per altre regioni d’Italia come l’Emilia Romagna, che ha già introdotto il turismo venatorio. “In Ungheria sono per cacciare un capriolo – ha spiegato Buzziolo – si pagano 3.000 euro; 8.000 per un cervo. A parte si paga la carne, il vitto e l’alloggio e il viaggio. Dunque la caccia è una potente occasione di reddito per i residenti e per i cacciatori, solo se si modificano le regole”. D’accordo con Buzziolo Franco Perco, zoologo e naturalista che ha parlato di compatibilità dei progetti di utilizzo della fauna con la sua conservazione, e Francesco Marangon, docente all’Università di Udine, che ha rappresentato la fauna come occasione importante di integrazione al reddito per le imprese agricole.
Ma come calare queste opportunità in una realtà come la nostra che ha norme considerate distanti da una gestione innovativa della fauna? L’Università di Udine – lo hanno evidenziato Mariarita D’Addezio, preside di Giurisprudenza e Furio Honsell, magnifico rettore – si è impegnata a dare vita a un think tank che dia soluzione a questo problema trasformando un disagio in una opportunità. “Così come abbiamo fatto – hanno evidenziato D’Addezio e Honsell – proprio partendo qui da Comeglians con il dramma della frammentazione e polverizzazione fondiaria, che ha trovato una coraggiosa soluzione in una legge regionale, la prima in Italia, che trova già le prime applicazioni in alcuni comuni del Fvg, faremo su questo problema che sta diventando ogni giorno che passa sempre più sentito dalle popolazioni”.
Una scelta salutata positivamente, quella del confronto, del dialogo e della ricerca di una soluzione condivisa all’interno di un think tank presieduto dal magnifico rettore dell’Università di Udine, anche dal presidente del Consiglio regionale Alessandro Tesini, che ha seguito i lavori fin dall’inizio. Fra gli interventi quelli di Alberto Pertoldi della Cna, Paolo Cecconi, cacciatore e Roberto De Prato.
