Al LAB il diritto e il dovere di informare

Mantenere il faro dell’informazione sempre acceso. L’importanza di un buon giornalismo come elemento fondamentale per ogni democrazia. Sono solo alcuni dei temi su cui lunedì 27 luglio, al Teatro Sociale di Gemona, si è dibattuto nel corso dell’incontro dal titolo Informare, diritto dovere, a cui hanno partecipato, con la mediazione di Gianpaolo Carbonetto del Messaggero Veneto, Gian Carlo Caselli, magistrato e Procuratore capo presso il tribunale di Torino, e Loris Mazzetti, co-autore di Enzo Biagi e attualmente curatore del programma Che tempo che fa.

Dopo il saluto del sindaco di Gemona Paolo Urbani, Carbonetto, partendo dal titolo dell’incontro, ha sottolineato come una buona informazione sia un diritto ma anche un dovere, sia per chi fa dell’informazione il proprio mestiere, sia per chi vuole invece solamente essere informato in modo da poter passare dalla condizione di suddito a quella di cittadino. Maggior informazione corrisponde ad una maggiore libertà: un’equazione che in Italia, stando a una serie di recenti studi internazionali, sembra essere stata messa in pericolo, basti pensare che l’organizzazione americana Freedom House, nel suo rapporto annuale sull’informazione nel mondo, ha posto l’Italia come fanalino di coda dell’Europa in termini di libertà di stampa, in buona parte per la “situazione anomala a livello mondiale” in fatto di proprietà dei media.

Un dato su cui riflettere, specie in un momento in cui, come evidenziato in modo diretto da Loris Mazzetti, “il giornalismo da cane da guardia della democrazia è diventato cane da guardia del padrone”. In Italia il mondo dell’editoria è per Mazzetti sempre più funzionale al potere economico e politico e non rappresenta un reale strumento per la condivisione del sapere. Questo è causato anche dalla presenza di “giornalisti che si fanno dettare le notizie direttamente dagli uffici stampa dei politici”: nel mirino di Mazzetti ci sono quei giornalisti, recentemente chiamati in causa nelle nomine RAI per la direzione dei TG nazionali, che “hanno in mano il potere di informare ma che si dimostrano incapaci, se non addirittura manipolati: c’è chi non scava per informare sui fatti, ma c’è chi i fatti li seppellisce”.

Secondo Mazzetti in Italia manca, salvo rare eccezioni, il giornalismo di Zavoli e Biagi: “Oggi manca l’inchiesta, manca il racconto attraverso le immagini, l’informazione si è ridotta ad un grande talk portato avanti direttamente da chi è oggetto dell’informazione stessa. Nel fare informazione è importante mantenere una certa etica della professione, un’etica che “non deve informare su un fatto per nasconderne un altro”.

Per Caselli, che ha portato la sua esperienza di magistrato impegnato nel corso di questi ultimi decenni a combattere il terrorismo e la mafia, l’informazione dovrebbe essere uno strumento fondamentale anche per contrastare fenomeni di questo tipo. Un giornalismo che sappia “rendere l’opinione pubblica consapevole” della realtà dei fatti è secondo Caselli fondamentale per far diventare sempre più forte “l’antimafia della cultura e dell’informazione”. Per Caselli questa è una sfida da portare avanti in quanto la mafia sa penetrare nella società, nella politica, nella finanza e anche nell’informazione. In questo contesto “il giornalista non può presentare i mafiosi come degli uomini d’onore”, ma deve condannarli anche con l’uso della parole.

Caselli ha infine fatto riferimento al dibattito sulla legge riguardante le intercettazioni. Se la criminalità ha bisogno del buio per crescere e svilupparsi, per la magistratura, secondo Caselli, l’uso delle intercettazioni a scopo investigativo, ma anche a livello informativo, rappresenta un strumento importante e necessario per arrivare alla verità dei fatti.

Una verità che sia per il giornalista che per il magistrato dovrebbe rappresentare il più importante dei valori.