PALUZZA- Il popolo di Nomadelfia ospite di Timau
Nomadelfia in greco significa “legge della fraternità”. Su questa legge, don Zeno Saltini (1900-1981), un sacerdote della provincia di Modena, fonda un nuovo popolo: Nomadelfia. E’ una popolazione di 320 persone, circa 50 famiglie, che attualmente abitano un piccolo paese di appena 4 km² da essi stessi costruito in Toscana, dalle parti di Grosseto. E’ un popolo diverso, “nuovo” perché formato da persone volontarie: cattolici che vivono insieme con lo scopo di costruire una nuova civiltà fondata sul Vangelo. Per la Chiesa è “un’Associazione privata” e una parrocchia comunitaria. Per lo Stato è un’Associazione civile. Le famiglie sono aperte all’accoglienza di figli in affido e vivono assieme ad altre quattro o cinque nel cosiddetto “gruppo familiare”, il quale costituisce la vera realtà fondamentale di Nomadelfia, è una soluzione perfetta perché una famiglia è di sostegno all’altra, specialmente nell’attenzione alle persone più deboli, i bambini e gli anziani. In Nomadelfia non esiste proprietà privata, ma nella fraternità tutti i beni sono in comune, secondo la preghiera recitata da Gesù durante l’Ultima Cena: “Padre, tutto quello che è mio è tuo, tutto quello che è tuo è mio, così siano essi…”. Uomini e donne lavorano nelle aziende, in casa, negli uffici, nei laboratori della comunità senza ricevere una paga: Non si può pagare il fratello. E, secondo questo spirito, tutti i lavori che si possono compiere insieme vengono eseguiti da tutta la popolazione: si chiamano “lavori di massa”. I figli di Nomadelfia frequentano la “scuola familiare”, gestita sotto la responsabilità dei genitori, e si presentano poi agli esami. L’obbligo scolastico, da molto tempo, è stato portato a diciotto anni. La vita di Nomadelfia è una proposta: invita tutti a vivere la legge della solidarietà umana universale e i cristiani a vivere coerentemente il Vangelo. Nomadelfia ha anche una sua Costituzione, definitivamente approvata dalla Santa Sede il 18 giugno 2000, undici anni dopo la visita di Papa Giovanni Paolo II alla comunità.
Sabato 14 agosto ’08 una folta rappresentanza di “nomadelfi” ha fatto visita a Timau, per meglio conoscere questa zona della Carnia. I graditi ospiti si sono separati in due gruppi. Il primo, comprendente praticamente i bambini, si è fatta una bella passeggiata verso Malga Pramosio, l’altro, più numeroso (circa 90 persone tra adulti e ragazzi) si è recato sul Pal Piccolo, in visita ai luoghi ove furono combattute cruente battaglie durante il conflitto mondiale 1915-1918 tra l’Italia e l’Austria-Ungheria. Ha fatto loro da guida e da cicerone il direttore del Museo della Grande Guerra di Timau, comm. Ermelindo Unfer, il quale ha illustrato con dovizia di particolari la posizione dei due eserciti contrapposti, soffermandosi sul racconto degli episodi bellici più importanti avvenuti su quella cima. Con loro, era presente anche il dott. Sandro Matiz, un timavese benemerito che svolge molta attività nel “sociale” (fra l’altro, è segretario e socio fondatore del “Fogolâr Furlan” di Bologna, città in cui egli dimora).
Nel tardo pomeriggio, la comitiva è ripartita per Nomadelfia, soddisfatta dell’interessante giornata trascorsa in terra carnica.
