ILLEGIO- Due grandi eventi nel weekend

Due grandi eventi a Illegio, tra venerdì 8 e sabato 9 giugno, con il secondo e il terzo “Sigillo” sul tema dell’Apocalisse, nucleo ispiratore della mostra internazionale d’arte “Apocalisse: l’ultima rivelazione”, allestita con cento opere da musei e gallerie di tutta Europa e Stati Uniti nella Casa delle esposizioni del paese carnico fino al 30 settembre, prima dell’annunciato trasferimento nella sede dei Musei Vaticani. Attorno alla mostra, nel corso dell’anno dedicato all’Apocalisse di San Giovanni dal Comitato di San Floriano, promotore delle iniziative illegiane, continuano le proposte di riflessione e approfondimento lungo un nutrito calendario di appuntamenti, che scandirà tutto il periodo di apertura. Dopo il primo “Sigillo”, il 13 maggio scorso, con lo storico del Cristianesimo Edmondo Lupieri, la voce dell’attore Giuseppe Bevilacqua, e il “Quartetto per la fine dei tempi” di Oliver Messiaen, la riflessione sull’Apocalisse prosegue venerdì 8 giugno alle ore 20.30 con l’incontro, nel teatro-tenda di Illegio, con l’arcivescovo di Praga, card. Miloslav Vlk, che racconterà la sua esperienza del XX secolo e delle dinamiche apocalittiche di cui è stato testimone di prima mano. Sabato 9 giugno, alle 20.30 sempre nel teatro-tenda, canti della spiritualità ebraica nel lavoro “Kavanah” di e con l’attore Moni Ovadia (voce), accompagnato dal vivo dai musicisti che compongono l’ensemble “Arkè String Quartet”.

 

“Apocalisse d’Europa” è il titolo del secondo “Sigillo” di Illegio, che venerdì 8 giugno alle 20.30 vedrà nel ruolo di protagonista l’arcivescovo di Praga, card. Miloslav Vlk, testimone diretto dei rivolgimenti spirituali, sociali, politici e culturali, sopravvenuti in un periodo cruciale del XX secolo. Ordinato sacerdote il 23 giugno 1968, in piena “Primavera di Praga”, il card. Vlk con il suo stile pastorale giunse ben presto ad allarmare le autorità politiche del suo Paese, al punto che queste decisero di trasferirlo in piccoli e remoti villaggi. Finché, nel 1978, i vertici degli organi statali ritirarono definitivamente all’allora don Miloslav l’autorizzazione a esercitare il suo ministero. Da semplice cittadino, Vlk si rifugiò a Praga, dove continuò a portare avanti clandestinamente la sua missione sacerdotale, guadagnandosi di che sopravvivere con il mestiere di lavavetri dal 1978 all’86. Un’esperienza di vita che l’arcivescovo di Praga ha raccolto in un libro autobiografico di successo, “Da lavavetri a cardinale”.

Nato il 17 maggio del 1932 a Lišnice-Sepekov, nella Boemia meridionale, diocesi di České Budějovice, si chiese per la prima volta all’età di undici anni se volesse diventare sacerdote; poiché a quel tempo il progetto gli sembrava irrealizzabile, racconta il card. Vlk, sognava allora di diventare un pilota di aerei. Superato l’esame di licenza liceale nel ’52, non potendo intraprendere gli studi teologici in quegli  anni di persecuzione del regime comunista, lavorò come operaio in una fabbrica di automobili e poi svolse fino al ’55 il servizio militare.

Laureatosi in Lettere all’università di Praga nel 1960, lavorò per diversi anni in alcuni archivi di Stato, pubblicando nello stesso periodo una serie di articoli su riviste scientifiche, prima di iscriversi, nel 1964, alla Facoltà di Teologia di Litoměřice. Dopo l’ordinazione sacerdotale, l’esilio nelle campagne e il ritiro dell’autorizzazione statale a fare il prete, il rientro clandestino a Praga, fino alla storica svolta del 1989, che segnò la sua graduale “reintegrazione” come parroco di diverse località dell’Ovest, ai confini con la Baviera.

Con la cosiddetta «Rivoluzione di velluto», la storia dell’ex prete operaio Vlk cambiò improvvisamente. Nel 1990 fu nominato da Giovanni Paolo II vescovo di České Budějovice, e dopo appena un anno d’attività, il Papa lo nominò Arcivescovo di Praga, successore del card. František Tomášek.. Eletto nel ’92, e fino al 2000, presidente della Conferenza Episcopale Ceca, dal 1993 al 2001 è stato Presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee, succedendo al card. Carlo Maria Martini, arcivescovo di Milano. Al suo attivo, il card. Vlk ha numerose lauree “ad honorem” e cittadinanze onorarie; nel 1994 Giovanni Paolo II gli ha conferito il titolo di Santa Croce in Gerusalemme. È membro della Congregazione per le Chiese Orientali, del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, del Consiglio Speciale per l’Europa del Sinodo dei Vescovi.

 

“Kavanàh” è il titolo del terzo Sigillo di Illegio, in programma sabato 9 giugno alle 20.30 nel teatro tenda del paese carnico, per una riflessione tra parole, canto e musica, condotta dall’attore e autore Moni Ovadia, direttore artistico del Mittefest di Cividale, sul tema “Il canto della spiritualità ebraica. Il silenzio del cielo”, con l’accompagnamento musicale di “Arkè String Quartet”.

“Kavanàh, che significa partecipazione al canto – spiega Ovadia –, raccoglie brani di differente ispirazione, partendo dagli inni sacri ebraici della sinagoga per arrivare a quelli di tradizione tzigana. Voci lontane accomunate nell’esaltazione dell’amore  per il divino, linguaggi differenti che s’intrecciano nella medesima partecipazione. Rileggendo la tradizione della cantoralità per sinagoga – precisa l’autore –, Kavanàh è un progetto che non ha nessuna relazione con il klezmer”.

“La Toràh racconta – prosegue Ovadia – che l’universo è stato creato dalla parola del Santo Benedetto: Disse luce e luce fu. Lo strumento della creazione è la voce dell’Onnipotente”. Dunque, precisa Ovadia, “il canto è lo strumento principe della comunicazione interiore, la prima gemmazione della nostra identità quando appariamo alla luce uscendo dal ventre materno”.

E la cantoralità ebraica, khazanuth, una delle grandi arti della spiritualità monoteista, “ci consente di riprendere il viaggio nei territori profondi dell’animus umano – aggiunge Moni –, là dove si manifestano le pulsioni primarie a costruire senso nelle proprie emozioni e nelle strutture profonde del sentimento. Per questo lo strumento interpretativo più importante del cantore è proprio la kavanàh, la partecipazione – conclude –, l’adesione al canto come dialogo intimo con l’urgenza del divino in presenza come in assenza”. Nel lavoro che sarà presentato a Illegio, in scena ci saranno Moni Ovadia (voce) e l’Arkè String Quartet, formazione composta dai Carlo Cantini e Valentino Corvino (violini), Sandro di Paolo (viola) e Stefano Dall’Ora (contrabbasso).

Nato nel 1996, l’Arkè String Quartet ha proposto sulla scena italiana e internazionale un’idea totalmente nuova del concetto di quartetto d’archi e un’identità di suono assolutamente originale. Con un repertorio che si compone totalmente di brani scritti ed arrangiati dai componenti del gruppo, per uno stile in cui confluiscono i tanti linguaggi musicali frequentati, il gruppo si è esibito in tutta Europa nelle più importanti stagioni e rassegne concertistiche. E ciò sia con progetti propri, sia in collaborazioni con nomi come Trilok Gurtu, Antonella Ruggiero, Stefano Bollani e Petra, Josè Cura (con cui vanta, tra l’altro, un’esibizione privata per la Famiglia Reale d’Inghilterra), Samuele Bersani e Tullio De Piscopo. Numerose le incisioni discografiche, l’ultima nel gennaio 2007 con il cd “Arkeology” creato insieme al percussionista indiano Trilok Gurtu.