GEMONA- Domani a teatro c’è “L’apparenza inganna”
“L’apparenza inganna” di Francis Veber sarà ospite delle stagioni di prosa dell’ERT per un’intera settimana. Martedì 24 febbraio la pièce del commediografo francese – la traduzione e l’adattamento sono di Edoardo Erba, la produzione di Angelo Tumminelli e la regia di Nora Venturini – mercoledì 25 febbraio farà tappa a Gemona, al Teatro Sociale e al Candoni di Tolmezzo sabato 28 febbraio.
Francis Veber è davvero uno sceneggiatore a tuttotondo. Ha scritto perfette macchine comiche per teatro e cinema e ha anche avuto l’onore – dubbio, secondo lui stesso – del rifacimento in terra americana di molti suoi script: la Cena dei Cretini (1998), Il Vizietto, I fuggitivi (1986), per citarne solo alcuni. “L’apparenza inganna”, recentissima sceneggiatura (2001) scritta per il cinema (“Le placard”, il titolo originale del lungometraggio con Daniel Auteuil e Gerard Depardieu), è il prototipo della commedia degli equivoci, dove l’abito fa il monaco, eccome se lo fa! E, soprattutto, un cambio d’abito mette a nudo le ipocrisie e le falsità del rampante mondo aziendale. François Pignon (nome che ricorre frequentemente nei lavori di Veber), insignificante travet di un’industria di profilattici, vive ai margini della grande multinazionale ignorato da tutti, abbandonato dalla moglie, snobbato dal figlio; una esistenza tanto accessoria da giustificare, da parte dei vertici aziendali, il suo licenziamento. Cosa resta? Forse, solo dire basta e farla finita. “Genio? Cos’è il genio? – si domandavano i protagonisti di “Amici miei” alle prese con le loro “zingarate” – Fantasia, intuizione, decisione, velocità di esecuzione”. Qui, invero, è un amico ad avere l’intuizione giusta per Pignon: perché non cambiare abito, perché non fingersi omosessuale così da esporre l’azienda ad un eventuale scandalo nel caso di un licenziamento che verrebbe senza dubbio considerato discriminatorio? Appunto. Così fa François Pignon-Neri Marcorè, non modificando di fatto nulla nel suo schivo e timido comportamento. Ma l’outing mette in moto reazioni a catena che vanno dall’interesse dell’affascinante capoufficio, Louiselle Bertrand a quello del capo del personale Felix Santini, un insospettabile macho (che scoprirà comicamente nell’attrazione per Pignon i lati oscuri della sua avversione per i gay), al ruolo di portabandiera della comunità omosessuale.
Francis Veber gioca sul “politically correct”, sui luoghi comuni, li viviseziona per vedere come funzionano, come condizionano i rapporti inter-personali e le leggi della società. La storia non ha niente di omofobico, in definitiva, il racconto è una storia edificante, quella di un uomo che ritrova la sua dignità, passando dai propositi di suicidio allo status di eroe e acquistando consapevolezza delle sue potenzialità. Nel cast, oltre ad un sempre più duttile Neri Marcorè – che si divide tra cinema (ultimamente acclamato da pubblico e critica nel “Cuore altrove“ di Pupi Avati), televisione (“Per un pugno di libri” ma anche “Mai dire domenica”) e teatro – , Ugo Dighero nei panni che nell’originale cinematografico furono di Gerard Depardieu, Corinna Lo Castro, Andrea Cagliesi, Joseph Scarlata, Iris Cinardi e Mauro Marino.
