TOLMEZZO- Burgo, da Legambiente no a rinnovo commissariamento
Legambiente FVG presenterà ricorso al TAR per l’annullamento del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 23 dicembre 2003 di Proroga dello stato di emergenza socio-ambientale determinatasi nel settore della depurazione delle acque reflue nel territorio del Comune di Tolmezzo.
Le premesse di tale atto, a sostegno della proroga, riportano il protocollo d’intesa tra il Ministero dell’Ambiente e due associazioni ambientaliste in relazione alla situazione di inquinamento provocato dalla Cartiera Burgo al fiume Tagliamento e tiene conto che, al fine di superare l’emergenza e riportare la situazione dell’ambito di applicazione del regime ordinario, è in corso di predisposizione di un accordo volontario.
Va ricordato che il protocollo d’intesa in realtà considerava l’ipotesi di un accordo di programma, il cui peso e senso è ben più significativo di un generico accordo volontario, che comunque riguardava soggetti non responsabili in via diretta dello stato di inquinamento del Tagliamento.
Legambiente FVG ribadisce la propria contrarietà a prolungare la gestione straordinaria di una vicenda che trova nella normativa vigente ampie possibilità di soluzione, ricordiamo ancora una volta che una semplice applicazione della legge Merli poteva portare a modifiche delle filiere produttive.
La dichiarazione dello stato d’emergenza, da cui discendono poi le diverse proroghe del commissario delegato, in realtà si fonda su un’interpretazione della legge n.225/92 istitutiva del Servizio nazionale della protezione civile così come puntualizzato dalla sentenza TAR del n.604/03 che ha ampliato le situazioni previste che sono: “calamità naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensità ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari”.
La sentenza è stata successivamente commentata (vedi “Giustizia Amministrativa – settembre ottobre – n.5) come un passo necessario “per porre un giusto freno a un utilizzo troppo disinvolto di un istituto …solo per avere accesso al commissariamento straordinario e ai poteri derogativi”.
E ancora “la sentenza ..ha correttamente censurato l’uso improprio dello dichiarazione dello stato di emergenza, in una situazione, quale quella di un insediamento produttivo non a norma dal punto di vista della normativa sulla tutela delle acque e di paventate ricadute occupazionali ed economiche, nella quale indubbiamente non è dato riscontrare né un connotato di eccezionalità né un effettivo pericolo per l’incolumità e la sicurezza delle persone”.
La conseguenza diretta è quella di un consistente intervento pubblico, ora pare siamo ai 14 milioni di euro, con un accordo di programma tra Regione e azienda per la definizione della compartecipazione economica per la realizzazione dell’opera e la gestione della stessa, mentre la proprietà sarà della Provincia di Udine.
Riteniamo che una tale soluzione debba essere valutata ai sensi delle norme vigenti sulla concorrenza pertanto verrà segnalata alla Commissione Europea che esercita un controllo sugli aiuti di Stato erogati dalle autorità pubbliche degli Stati membri, aiuti che in linea di principio sono vietati.
L’opacità della gestione commissariale lascia emergere brandelli procedurali per cui risulterebbe che è stata fatta una prima scrematura dei partecipanti lasciandone in gara tre; in seguito è stato assegnato l’appalto dei lavori che, si dice, dovranno essere, poco credibilmente, conclusi entro il 2005.
L’aumento di importo di circa 5 milioni di euro, pare sia dovuto a sofisticate tecnologie, non previste purtroppo in origine, per il rispetto delle severe norme in materia ambientale. Fatto che in sé ha due aspetti: uno estremamente preoccupante relativo ai contenuti tecnici del bando di concorso (cioè cosa è stato realmente richiesto se le tecnologie proposte, collaudate su reflui simili a quelli della cartiera, sforano l’importo previsto) e l’altro sulla motivazione dei maggiori costi che
rasenta il ridicolo, infatti trattandosi di un depuratore è quanto meno straordinario fare riferimento ad adeguamenti ambientali!
Infine, vale la pena ricordare ancora una volta, che vicende analoghe non sono nuove nella nostra storia recente della nostra regione, la Bassa friulana ha visto infatti un consistente impegno pubblico per la costruzione di strutture di depurazione che in seguito, essendo venute meno le attività produttive che avrebbe dovuto garantire il carico di materiale da trattare, sono risultate assolutamente sovradimensionate e con difficoltà di gestione quasi insormontabili.
